Botta e risposta infinito tra Stati Uniti e Corea del Nord. Dopo le minacce ricevute dal regime di Kim Jong-un, non più tardi di un giorno fa, gli States rispondono per le rime, attraverso le parole dell’ambasciatrice americana all’Onu, Nikky Haley. In caso di un nuovo test nucleare da parte di Pyongyang, da Washington non escludono raid in terra coreana ma, come spiegato da Haley, “non faremo qualcosa a meno che non ce ne dia motivo”. Sullo sfondo, a ogni modo, si delinea l’ombra del potenziale sesto test nucleare della Corea che, in caso si verificasse, spingerebbe Donald Trump “a scendere in campo e a decidere cosa fare”. Ma la portavoce a stelle e strisce ne ha anche per il leader coreano, definito “instabile e paranoico”. In sostanza, i toni fra i due Paesi vanno tutt’altro che ridimensionandosi.
Usa e Cina: “Coordinazione sui piani missilistici coreani”
La conversazione di domenica scorsa fra l’inquilino della Casa Bianca e il presidente cinese, Xi Jinping, si è orientata in particolar modo sulla crisi coreana e sulla questione della denuclearizzazione della penisola. Un obiettivo per il quale, come emerso dal colloquio, è necessaria una maggiore coordinazione nell’operato fra i due Paesi: “Il presidente Trump ha criticato la continua belligeranza della Corea del Nord e ha sottolineato le azioni di Pyongyang destabilizzanti per la penisola coreana… assieme al presidente cinese, ha riaffermato l’urgenza della minaccia posta dai programmi missilistici e nucleari della Corea del Nord e l’impegno a rafforzare il coordinamento per conseguire la denuclearizzazione”. Nei giorni scorsi, come riportato dalla stessa Haley, la Cina aveva invocato una maggiore attenzione da parte della comunità nucleare sui test nucleari nel Pacifico.
Corea, il caso Tony Kim
Nessun commento, invece, per quanto riguarda la situazione di Kim Sang-duk, alias Tony Kim, il professore americano (di origine coreana) arrestato a Pyongyang mentre era in procinto di imbarcarsi all’aeroporto. Haley, in merito alla mancata divulgazione di notizie in proposito, ha citato “preoccupazioni legate alla privacy”. Da parte sua, inoltre, il governo coreano non ha rivelato le motivazioni dell’arresto anche se, stando a quanto riportato dalla University of science and technology (l’ateneo nel quale Kim insegna) alla Bbc, non avrebbero nessuna connessione con l’università. Il docente statunitense è il terzo cittadino degli States detenuto in Corea del Nord per cause ignote e, secondo il presidente Trump, quella di Kim è la prima crisi di un ostaggio con i vertici di Pyongyang.