Hanoi dopo Singapore. Due vertici in pochi mesi fra Donald Trump e Kim Jong-un a sancire il disgelo Stati Uniti-Corea del Nord. Un passaggio decisivo, storico, nelle dinamiche geopolitiche, dell'estremo oriente e non solo. Perché Pyongyang è una potenza nucleare, esattamente come Washington. E' il mondo nella sua interezza, dunque, l'osservatore interessato di questo nuovo summit. Tra i giornalisti inviati in terra vietnamita per raccontare gli esiti dell'evento c'è anche Pio D'Emilia di Sky Tg24. In Terris lo ha contattato.
Dalle minacce e gli insulti ai sorrisi e le strette di mano. Il tutto in pochissimo tempo…
“E' l'ennesima dimostrazione che la storia non la fanno gli intellettuali o i leader saggi ma, scusami il termine, quelli un po' cialtroni, molto attenti alla sensibilità dei media. Pensiamo al secolo passato: è stato più decisiva una ex comparsa dei film hollywoodiani come Reagan che un Kennedy”.
Più che un summit una passerella insomma…
“Sì. Di fronte ai problemi reali interni è sempre più facile avere successo e fare audience organizzando questo tipo di vertici. I quali rappresentano soprattutto un'opportunità mediatica. Basti pensare che il summit di Hanoi non era ancora iniziato e già si diceva che era un successo il solo il fatto che Kim e Trump si fossero incontrati”.
Anche perché sino a poco tempo fa i rapporti fra i due sembravano pessimi…
“Si insultavano, sembrava si trovassero sull'orlo di una reciproca crisi militare. Devo dire, però, di essere stato fra i pochi, quando è stato eletto Trump, ad aver previsto che questo avrebbe probabilmente portato a un riavvicinamento e a un rilancio di un'idea di pace fra Stati Uniti e Corea del Nord, i quali, ricordiamolo, sono ancora formalmente in guerra”.
Pio D'Emilia
I tempi quali sono?
“Il processo è ancora lungo: gli ostacoli nella trattativa sono tanti. Quella di Hanoi sarà soprattutto l'occasione per scattare qualche foto, molte più che a Singapore. Le opportunità mediatiche, del resto, non mancano: ci sarà probabilmente una conferenza stampa e andrà in scena l'incontro fra Melania Trump e Ri Sol-ju, le due first lady. Quindi il vertice di per sé è un successo. Ma da qui a dire che sarà firmato un trattato di pace o ci sarà la denuclearizzazione della penisola ce ne passa…”
Il nucleare è uno degli ostacoli cui alludevi. Trump vuole sincerarsi che Kim abbia fatto i 'compiti a casa' sotto questo aspetto?
“E' ingiusto considerarli così. Se mai ci fossero, e questo non è ancora chiaro, dei compiti da svolgere dovrebbero farli tutti e due. Pyongyang non è obbligata a fare quello che le viene imposto dagli Stati Uniti e dalla comunità internazionale. Ma sarà auspicabilmente disponibile ad avviare la denuclearizzazione se, e in quanto, Washington farà il suo. Aggiungo poi una cosa…”
Prego…
“Quando si parla di denuclearizzazione della penisola coreana ci sono due interpretazioni. Da una parte quella del Nord, secondo cui il processo dovrebbe riguardare anche il Sud, dall'altra quella americana che, invece, limita il tutto al solo regime di Pyongyang”.
Quello dei diritti umani è un argomento Trump sottoporrà mai a Kim?
“Non penso. L'amministrazione Trump non ha affrontato la questione né con la Cina, né in Sudamerica. Non fanno parte dell'ordine del giorno del vertice di Hanoi e, francamente, non credo se ne parlerà mai”.
Il Giappone, storico alleato Usa e nemico giurato della Corea del Nord, come vive questo dialogo?
“Si sente isolato, ai limiti della disperazione. Vede questo dialogo, la stessa strategia americana come il tradimento di un alleato cui negli anni ha dimostrato assoluta fedeltà. Al di la delle telefonate, delle rassicurazioni reciproche e delle frasi di circostanza è risaputo che il premier Shinzo Abe sia furibondo per essere stato lasciato in disparte. Ricordiamo che la rimostranze di Tokyo nei confronti di Pyongyang non riguardano solo il nucleare, ma anche il dramma dei desaparecidos nipponici, dei suoi cittadini rapiti negli anni 70 e quasi mai tornati a casa. Gli Stati Uniti avevano promesso sostegno sulla questione ma sembrano essersene dimenticati”.
La Cina è una sorta di convitato di pietra ad Hanoi?
“La definirei più il deus ex machina del riavvicinamento. E' Paese che di fatto continua ad appoggiare il regime di Kim, assicurandogli la sopravvivenza, politica ed economica. E' vero: con Trump ha i suoi problemi. Ma è innegabile che tutto questo stia avvenendo perché Pechino ha mantenuto un atteggiamento fermo, da un lato ponendo una sorta di altolà alla Corea del Nord, dall'altro facendo capire agli Usa che la soluzione militare non esiste e non può esistere”.
Un ruolo importante è stato svolto anche dalla Corea del Sud…
“Direi un ruolo fondamentale, determinante. Si tratta di uno storico alleato degli americani, nato dalla Guerra di Corea e, in passato, governato da un regime militare. Oggi è un Paese ad alto tasso di democrazia, guidato da Moon Jae-in, ex avvocato dei diritti civili, persona di grandissima saggezza e lunghe vedute. E' stato lui a convincere gli Stati Uniti a cercare il dialogo e continua a farlo. Recentemente ha ricordato che stiamo vivendo un momento storico, il quale potrebbe sfociare in una dichiarazione che sancisca la fine della guerra”.
I media sudcoreani sostengono che questo scenario sia imminente. E' così?
“Si vocifera che la dichiarazione sia stata già preparata e concordata dai due nuovi delegati responsabili del tavolo, Stephen Biegun per Stati Uniti e Kim Hyok-chol per la Corea del Nord. Sembra siano stati stabiliti non solo i confini delle due Coree ma anche prevista una conferenza congiunta dei due Paesi per dichiarare la fine dell'ostilità. Anche se per la firma del trattato di pace vero e proprio potrebbe passare ancora un po' di tempo”.
La soluzione del dossier nordcoreano per Trump può essere un volano importante in ottica 2020?
“La politica estera, di per sé, interessa poco al popolo americano. Tuttavia per un presidente come Trump, per altri versi molto chiacchierato e criticato, potrebbe rappresentare uno stage importante. Tanto il contadino dell'Oklahoma che l'intellettuale di New York potrebbero convincersi del fatto che Trump non solo non ha scatenato il putiferio, come si pensava, ma sta agendo in modo efficace”.