Perde sette pezzi in un colpo il Labour Party, alle prese con un malcontento generale che ha come fulcro quello che, in teoria, dovrebbe essere l'appiglio: il leader Jeremy Corbyn. Troppe incomprensioni, andirivieni, poca chiarezza sul Piano B: le versioni possono essere tante e, almeno stando ai fatti, è così che devono averla pensata Mike Gapes, Angela Smith, Ann Coffey, Gavin Shuker, Luciana Berger, Chris Leslie e anche il giovane Chuka “British Obama” Umunna. Tutti fuori, autoesclusi da un partito di cui non riconoscono (più) la leadership. Ufficialmente, il motivo dell'addio è da imputare ai fenomeni di “antisemitismo istituzionalizzato” in settori della base laburista di sinistra ma, secondo più voci, alla base potrebbe esserci lo screzio interno sull'alternative plan proposto come variante della Brexit Tory. Tutto da verificare comunque, visto che i sette ex Lab siederanno in parlamento da indiependenti e che, per ora, non hanno intenzione di fondare altri movimenti.
L'accusa
La situazione ambigua di Corbyn rispetto alla Brexit non è nuova e, già nel recente passato, non ha mancato di creare qualche malumore interno, specie in relazione alla proposta di un secondo referendum. Corbyn, dalle originarie tendenze euroscettice, arriva ora a proporre un piano Brexit più soft rispetto a quello May, mostrandosi più prudente anche sull'ipotesi di un'altra consultazione popolare. Più ambigua la questione sull'antisemitismo interno al Partito, peraltro al centro di un recente sondaggio che, come risultati, ha offerto numeri che non sosterrebbero questa ipotesi. Va detto, però, che non tutti i sette scissi hanno posto identiche motivazioni: quella legata all'antisemitismo è la versione di Luciana Berger, di origini ebraiche, la quale ha spiegato che si sarebbe trovata in imbarazzo se avesse deciso di rimanere, commentando duramente: “Mi sto lasciando alle spalle una cultura di bullismo, bigottismo e intimidazione”.
Autoritarismo
Ma c'è anche un altro punto che, più che una tendenza politica, riguarda l'atteggiamento dello stesso Corbyn, accusato di “autoritarismo” all'interno del suo Partito. Il leader, da parte sua, si è detto deluso senza tuttavia fare grosse pieghe, annunciando chiaramente che il suo progetto politico non cambia e rimandando al mittente le accuse di aver “sequestrato il partito”, mosse principalmente dall'ala moderata dei laburisti. Va da sè che l'addio di Umunna e compagni potrebbe solcare ancora di più la divisione fra i corbyniani e i centristi ma, nonostante gli appelli arrivati da più parti, la secessione appariva inevitabile già da alcuni giorni. Ora, resta da capire se la scissione si tradurrà in una nuova esperienza sulla falsa riga dell'Sdp del 1981, peraltro finita male. I 7 garantiscono che non sarà così, che si trattava di epoche diverse e che siederanno fra i banchi da indipendenti, escludendo per il momento alleanze e nuovi partiti.