“Il mio messaggio è assolutamente chiaro: bisogna accelerare il processo perché ci resta ancora molto lavoro da fare”. E’ l’esortazione che il presidente della Cop21 – il ministro degli esteri francese Laurent Fabius – ha rivolto ai negoziatori dei 195 Paesi durante la terza giornata di lavoro alla conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite. Secondo il ministro d’Oltralpe, alcune formule di “compromesso devono essere sviluppate il più rapidamente possibile, i capi di stato e di governo ci hanno dato un mandato chiaro, dobbiamo riuscire – ed ha aggiunto -. Abbiamo un’esigenza che pesa sulle nostre spalle”.
Durante i lavori sono finite nel mirino dei negoziatori e di molte Ong presenti a Le Bourget, le banche che sostengono l’utilizzo del carbone. A loro è stato rivolto un appello affinché dirottino i loro investimenti sul settore delle energie rinnovabili. Secondo un rapporto che riguarda i finanziamenti di 15 banche europee e americane tra il 2009 e il 2014 “257 miliardi di dollari sono stati destinati al carbone dalle maggiori banche internazionali” in questo periodo, vale a dire 2,5 volte di più che alle energie rinnovabili, che hanno beneficiato di 105 miliardi di investimenti bancari. Il rapporto degli Amici della terra, BankTrack, Urgewald e Rainforest Action Network dimostra che le “politiche delle banche restano insufficienti nel rispondere all’urgenza climatica”.
Inoltre, secondo il rapporto Oxfam “Disuguaglianza climatica”, il 10% più ricco della popolazione della Terra è responsabile del 50% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, mentre la metà più povera della popolazione mondiale – circa 3,5 miliardi di persone – ne produce solo il 10%, pur essendo la prima vittima di alluvioni, siccità e altri cataclismi legati agli effetti dei cambiamenti climatici. A denunciarlo è il nuovo rapporto di Oxfam “Disuguaglianza climatica”, che fornisce nuove stime e dati sui livelli di emissioni legati ai modelli di consumo dei cittadini nei paesi ricchi e poveri.
Sarebbero più di 500 istituzioni, con un portafoglio complessivo di 3.400 miliardi di dollari, hanno rinunciato ad investimenti nelle energie fossili. Lo ha indicato l’ong 350.org, promotrice di una grande campagna internazionale destinata a contabilizzare questi impegni. Il montante globale delle somme disinvestite nelle energie fossili non ha potuto essere calcolato, ma il numero di istituzioni pubbliche e private di banche o assicurazioni che hanno reindirizzato i loro investimenti è passato da 181 attori, che rappresentavano 50 miliardi di dollari di asset nel settembre 2014, ad oltre 500.