Anonymous fa sul serio. Dopo gli annunci è passato all’azione ed ha “spento” centinaia di account Twitter e Facebook di presunti appartenenti all’Isis e pubblicato indirizzi ip e web della galassia jihadista. “Sarete trattati come un virus, e noi siamo la cura”, recita il video pubblicato due giorni fa. La campagna per bloccare la galassia jihadista sul web è partita dopo la strage di Charlie Hebdo ed è solo all’inizio. Il web, peraltro, è uno dei mezzo preferiti dagli integralisti sia per fare propaganda in Occidente sia per scambiarsi messaggi preparatori di azioni ostili.
Anonymous a parte, la polizia italiana ha oscurato nelle ultime settimane una ventina di siti jihadisti, tra i 400 monitorati ogni giorno. “Dopo l’attentato a Charlie Hebdo – afferma una nota del minisero dell’Interno – il delicato compito della Polizia delle Comunicazioni di scandagliare il Web alla ricerca di siti, blog, forum e social network che inneggiano al jihad è diventato un vero e proprio allarme rosso”.
L’Isis fin dall’inizio della sua comparsa sullo scenario mondiale ha dimostrato grosse capacità nell’utilizzo dei moderni mezzi di comunicazione e, almeno fino all’attentato di Parigi, ne ha fatto un largo uso strutturando un network appoggiato ai Social Facebook e Tweeter.
Attività comunicativa curata nel dettaglio, strutturando una macchina di propaganda efficacissima e tale da interessare i mussulmani cittadini occidentali e da invogliarli a partecipare alla jihad del Califfato. Ha abbandonato i vecchi metodi di Al Qaeda come i proclami diramati alle televisioni registrati su nastro o su Dvd e si è da subito affidato a video spesso di ottima qualità, meticolosamente pianificati e curati nei contenuti, dimostrando che fra le proprie file annovera con ogni probabilità professionisti della comunicazioni ed abili tecnici per produrre un risultato finale accattivante.
Video non solo di decapitazioni, ma anche “amplificatori” del messaggio di Allah, con la pubblicazione di versetti del Corano quasi a confermare la validità teologica della loro missione di guerra e sottolineare ripetutamente un messaggio : “il califfato è inevitabile e inarrestabile”. Verità proposta anche attraverso le immagini di gente armata che sotto la bandiera dell’Isis si sposta in convogli. Rappresentazione concreta dello scopo del Califfato : il “progresso e avanzamento” della jihad globale.
Dopo gli attentati di Parigi è diventato più attento il controllo occidentale del network comunicativi jihadista e moltissimi interlocutori sono stati oscurati o almeno hanno rallentato la loro attività propagandistica attraverso i social. Un po’ par l’intervento delle polizie nazionali, un po’ per la campagna messa in atto dagli hacker di Anonymous. Ma i messaggi di minaccia contro l’Occidente continuano ad essere postati ed addirittura vengono pubblicate fotografie di obiettivi sensibili dislocati nel mondo con indicazioni, spesso, di come aggirare la sorveglianza qualora si intenda attaccare l’obiettivo. Messaggi sempre più minacciosi dai quali traspare anche la possibilità che i militati dell’Isis dispongano di materiale non convenzionale (in particolare nucleare) con cui realizzare ordigni sporchi magari utilizzando autobomba (Vbied).
Il proliferare di messaggi non è diretto a “lupi solitari o possibili schegge impazzite” come troppe volte sono stati semplicisticamente definiti i terroristi di nuova generazione. Piuttosto un collegamento in tempo reale fra i rappresentanti di una nuova leadership strutturata, preparata militarmente ed in grado di gestire in maniera coordinata azioni eversive articolate, tali da impegnare su più fronti e contemporaneamente le forze di sicurezza degli Stati.
Segnali consolidati che la matrice terroristica è ormai evoluta e sta diventando globale proprio sfruttando le nuove tecnologie di comunicazione. Al di là dell’operazione messa in atto da Anonymous, altrettanto globale ed immediato deve quindi essere il monitoraggio e, se fosse necessario, anche rinunciando a un’esasperata garanzia di privacy che in Occidente rivendichiamo a testa alta ma che nella fattispecie potrebbe rappresentare proprio per l’Occidente un boomerang.
Ha collaborato Fernando Termentini