Dopo l’allontanamento degli ultimi anni successivi alla crisi ucraina, la Federazione Russa ritorna ad essere parte attiva del Consiglio d’Europa. Da quanto trapelato da Strasburgo, le due parti sarebbero arrivate ad un accordo in seguito al mancato pagamento delle rate di iscrizione da parte di Mosca, manovra annunciata già qualche mese fa dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. La Russia, infatti, adottò questo provvedimento dopo che, a seguito delle vicende crimeane, si vide sanzionata perdendo il diritto di intervenire nelle sedute del Consiglio. Proprio le dichiarazioni del Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas hanno annunciato l’esito della votazione favorevole dei suoi 47 omologhi, i quali si sono espressi favorevolmente alla riammissione dei diritti russi in seno all’emiciclo: la Russia “rimanga nel Consiglio d'Europa con tutti i suoi diritti e doveri” ha affermato il portavoce di Berlino, aggiungendo che “è una buona notizia l’esistenza di un’unione di intenti sul fatto che la Russia debba rimanere nell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, soprattutto perché ciò preserva il diritto di milioni di russi di appellarsi alla Corte europea dei diritti umani”.
Un primo passo
La riammissione russa, però, risponde anche ad esigenze meno “umanitarie”: già da qualche anno, infatti, Mosca aveva smesso di contribuire al bilancio dell’ente, sul quale incide per una percentuale pari al 7%, creando un buco di bilancio che il resto del Parlamento ha preferito evitare. Il regolamento prevede l’esclusione automatica per i membri inadempienti, scenario che diverse potenze europee hanno preferito evitare: Francia e Germania, in maniera particolare, hanno sponsorizzato il riavvicinamento della Russia, decisione osteggiata da Kiev, ma anche dalle rappresentanze di Regno Unito, Polonia, Georgia, Estonia, Lettonia e Lituania, le quali si sono dichiarate contrarie all’esito delle votazioni. Seppur piccolo, il ripristino della voce di Mosca nel Consiglio d’Europa rappresenta il primo passo che viene compiuto dal 2014 per tentare di risanare le ormai deteriorate relazioni diplomatiche russo-europee.