Uhuru Kenyatta è stato riconfermato presidente del Kenya. La Corte Suprema del Paese africano ha, infatti, respinto i ricorsi contro i risultati del secondo round di presidenziali, svoltosi a ottobre. A settembre la massima istanza giurisdizionale del Kenya aveva annullato le elezioni di agosto e riconvocato i cittadini alle urne. E' stata la prima volta che un tribunale in Africa ha invalidato un risultato elettorale. “La Corte ha stabilito all’unanimità che i ricorsi sono infondati. Come conseguenza, l’elezione presidenziale del 26 ottobre è perciò confermata così come l’elezione di Kenyatta”, ha detto il presidente della Corte, David Maraga.
Il ricorso
Il leader dell'opposizione Raila Odinga, il cui ricorso ha portato alla decisione della corte, ha poi deciso di boicottare le elezioni bis perché, ha accusato, “illegali“. La corte suprema ha però respinto il suo secondo ricorso e confermato la vittoria di Kenyatta.
Rischio violenze
Questa decisione probabilmente non fermerà le violenze scoppiate dopo l'annullamento del primo turno e che hanno accompagnato anche il secondo round di presidenziali. Nei giorni scorsi 5 persone sono morte nei disordini scoppiati durante manifestazioni non-autorizzate dell'opposizione a Nairobi. Accusata dai manifestanti aver aperto il fuoco, la polizia ha precisato che i decessi sono stati causati da sassaiole fra gli abitanti inferociti di una zona dove sostenitori dell'alleanza di opposizione “Nasa” si erano abbandonati a saccheggi. Nella nota pubblicata su Facebook, la polizia sostiene di non aver sparato un colpo ma di aver utilizzato gas lacrimogeni e idranti, riuscendo però a intervenire solo dopo la fitta e sanguinosa sassaiola. E' stata smentita anche l'affermazione di un parlamentare secondo il quale la sua auto sarebbe stata presa di mira da un agente.
I disordini erano scoppiati dopo che Odinga era arrivato nella capitale di ritorno da un viaggio di dieci giorni negli Usa. Nonostante si fosse ritirato dalla seconda elezione e avesse invitato i suoi sostenitori al boicottaggio – sostenendo che la commissione elettorale non era in grado di garantire elezioni libere e giuste – il nome del leader dell'opposizione era presente sulla scheda.