Mancano soltanto sei giorni alla tornata elettorale con la quale milioni e milioni di cittadini rinnoveranno per i prossimi cinque anni i loro rappresentanti al Parlamento europeo. Un'elezione importante e prestigiosa per chi riesce ad ottenerla. Però a stare in fribrillazione non sono soltanto questi candidati, anzi, un'altra mezza dozzina di personaggi politici sta vivendo un periodo di angoscia ed incertezza maggiore. Sono i sei che si contendono la carica di presidente della Commissione europea, i cosiddetti Spitzenkandidat.
Il sistema tedesco dei “candidati di punta”
Questo meccanismo permette che la presidenza dell’esecutivo comunitario venga assegnata al candidato principale del partito politico europeo che ha ottenuto il maggior numero di seggi al Parlamento Ue. E' stato utilizzato per la prima volta nel 2014 ed ha l'obiettivo di rafforzare la legittimità democratica dell’organo esecutivo. Inserirlo nel contesto europeo non è stato affatto semplice, dato che non è previsto dai Trattati: infatti è il frutto di un accordo tra i capi di Stato e di governo dell’Ue, l’Europarlamento e i gruppi politici. Ha ottenuto una maggiore legittimità nel febbraio 2018 quando l’Eurocamera ha comunicato che respingerà i candidati alla presidenza della Commissione che non siano Spitzenkandidaten. Decisione in linea con quanto espresso dagli eurodeputati che hanno sottolineato come il sistema abbia instaurato un legame forte tra la scelta del presidente della Commissione e l’esito delle elezioni europee. Eppure nessuno può tuttavia escludere che dopo il voto di domenica prossima, per scegliere il successore di Juncker, non si torni ai meccanismi utilizzati prima delle europee del 2014.
Ecco la rosa dei candidati e le loro battaglie
In rigoroso ordine alfabetico: Nico Cué (candidato della sinistra europea), Ska Keller (Verdi), Frans Timmermans (candidato dei Partiti socialisti europei), Margrete Vestager (Alleanza dei democratici e dei liberali per l'Europa) Manfred Weber (PPE) e Jan Zahradil (candidato dell'Alleanza dei conservatori e dei riformisti in Europa, Acre). Il pimo: Cuè nato nelle Asturie, in Spagna, sotto la dittatura di Francisco Franco, si è trasferito da piccolo in Belgio. Oggi è un sindacalista di primo piano ed è stato per 10 anni segretario Generale dei lavoratori siderurgici nel sindacato Fgbt. Durante uno dei confronti tv con i suoi colleghi si è mostrato molto attento al tema fiscale: “Abbiamo zone in cui sono stati tolti compleatamente i servizi pubblici: le imposte servono a tutta la popolazione. Da anni si parla di armonizzare la tassazione europea per evitare il dumping. Basta parole però, passiamo ai fatti”. Non poteva essere non accorato il discorso sull'ambiente di Keller: “Abbiamo solo un pianeta, è un’emergenza, non possiamo fare compromessi né tergiversare. Le misure sono scritte nero su bianco, dobbiamo solamente applicarle. Metterei fine alle sovvenzioni ai combusitibli fossili, milioni di euro che vanno dirottati sulle tecnologie pulite e amiche del clima che creerebbero tanta occupazione”. “Estendiamo – ha detto invece Timmermans a proposito di disoccupazione giovanile -l’Erasmus a tutti i giovani europei, a prescindere da quello che fanno; in secondo luogo, assicuriamo un salario minimo che sia il 60% di quello medio; quindi espandiamo il piano garanzia giovani nei Paesi membri. Infine abbassiamo l’età minima del voto a 16 anni”. Secondo Vestager: “La Ue è il più grande blocco commerciale nel mondo”, quindi, “dobbiamo avere più fiducia in noi stessi e determinazione, dare accesso al nostro mercato ma solo in cambio di un accesso in libera concorrenza ad altri mercati. Gli accordi con Canada e Giappone sono ottimi in questo senso”. Sul dramma dei nostri giorni, l'immigrazione, Weber ha speso poche ma significative parole: “10mila agenti di Frontex subito per controllare le frontiere. Papa Francesco ci ricorda le nostre responsabilità umanitarie: serve un grande piano Marshall per l’Africa e un commissario per l’Africa”. Infine non poteva mancare una considerazione attuale e rilevante per il futuro dell'Europa: il caso Brexit che da Zahradil è stato valutato così: “I cittadini europei sono un po’ stanchi di questa integrazione costante, sentono che l’Europa sia invasiva e minaccia i loro valori sociali. Sono favorevole alla Ue ma la vorrei più snella e flessibile, che faccia meno e meglio”.