Il governo della Repubblica Centrafricana e i rappresentanti di 14 gruppi armati hanno siglato un accordo di pace che fa seguito agli storici colloqui andati in scena in questi giorni con l'obiettivo di porre fine a 5 anni di guerra civile.
I negoziati
L'intesa rappresenta una speranza per uno dei Paesi più poveri della Terra, dove gli scontri civili e religiosi vanno avanti dal 2013. Un conflitto costato la vita a migliaia di persone, mentre centinaia di migliaia sono gli sfollati. “Il difficile viene ora – ha commentato, a nome dei ribelli, Herbert Gontran Djono Ahaba – e consiste nell'attuazione materiale dell'accordo raggiunto a Khartoum, decisivo per la pace”. I negoziati, iniziati il 24 gennaio nella capitale del Sudan, hanno rappresentato la prima forma di dialogo diretto fra le parti”. Dopo l'intesa i rappresentanti dei ribelli hanno stretto la mano al presidente centrafricano, Faustin Archange Touadera, e a quello sudanese, Omar al-Bashir.
Manca la firma
Nessun dettaglio dell'accordo è stato fornito. Il capo delle delegazione del governo centrafricano ha, tuttavia, spiegato che maggiori informazioni verranno fornite dopo la firma formale del patto, che avverrà a Bangui in una data non ancora stabilita. “Sono molto felice che questo giorno sia arrivato” ha detto Moussa Faki Mahamat, presidente della Commissione dell'Unione africana, che ha reso possibili i colloqui di pace, sostenuti dall'Onu.
La guerra
La guerra è iniziata quando i ribelli Seleka, a maggioranza musulmana, hanno preso il potere a Bangui. La reazione delle milizie anti-Seleka – per lo più formate da cristiani – ha scatenato il conflitto. Decine di luoghi sacri sono stati dati alle fiamme, alcune guide religiose sono state trucidate e le esecuzioni in strada – con modalità agghiaccianti – sono state all'ordine del giorno. La situazione era talmente disperata che Papa Francesco ha sentito il dovere di inserire il Centrafrica nella lista dei Paesi da visitare durante il Viaggio Apostolico in Africa del 2015. In quella occasione, il Pontefice togliendosi le scarpe e chinando il capo nella moschea centrale dell'ultimo quartiere musulmano di Bangui ha invitato a “dire no all'odio“.