Due giornalisti egiziani e un avvocato sotto processo per presunte attività sovversive sono stati interrogati al Cairo sul caso Regeni. Secondo quanto denunciato da Khaled Dawood, esponente del partito di sinistra Dostor e giornalista del quotidiano “al Ahram”, ai giornalisti Amr Badr e Mahmud al Saqqa, e all’avvocato Malek Adly, è stato chiesto quale fosse la loro opinione sul caso dello studioso italiano ucciso a inizio febbraio. “La Corte ha chiesto quale fosse la loro opinione sul caso Regeni, sulla legge del pubblico impiego e sull’operato del governo: mi chiedo quale sia lo scopo di queste domande che non hanno nulla a che fare con le accuse contestate agli imputati”, si legge in un messaggio di Dawood su Facebook.
L’avvocato Khaled Ali, intanto, ha presentato ricorso per chiedere la scarcerazione dei tre, accusati in base alla severa legge anti-terrorismo. I procuratori hanno mostrato ai giudici alcuni messaggi Twitter di Adly che, a loro dire, dimostrerebbero la sua colpevolezza. La difesa, tuttavia, ha spiegato che l’account Twitter del loro assistito era stato manomesso, come denunciato in precedenza dallo stesso Adly.
Amr Badr e Mahmud al Saqqa furono stati arrestati in un blitz della polizia avvenuto domenica primo maggio nella sede del Sindacato della stampa. Il loro arresto e l’irruzione delle forze di polizia avevano scatenato le proteste della società civile e dei rappresentanti della stampa. I due sono accusati di aver preso parte alle proteste non autorizzate del 15 e 25 aprile scorso contro il trasferimento della sovranità delle isole Tiran e Sanafir all’Arabia Saudita. Entrambi, in particolare, devono rispondere dell’accusa di affiliazione a un presunto gruppo terroristico. Se condannati, i due potrebbero trascorrere fino a 10 anni in carcere. Pochi giorni dopo e’ stato arrestato anche l’attivista e avvocato per i diritti umani egiziano Malek Adly, che stava seguendo proprio caso dei giornalisti Badr e al Saqqa.