Come prevedibile, e come ampiamente annunciato dalle parti interessate, la dichiarazione di Trump sul riconoscimento ufficiale, da parte degli Usa, di Gerusalemme come capitale di Israele ha fatto esplodere la protesta del mondo arabo. Un sentimento di diffuso malcontento che si è tradotto in scontri e guerriglie urbane, oltre che in uno sciopero generale indetto dall'Autorità palestinese nella città (nella zona orientale) e in altre aree del Paese, come in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Secondo quanto finora riferito da fonti mediche palestinesi, il conto dei feriti negli scontri si attesterebbe, fra i dimostranti, a 114 persone bisognose di soccorsi in quanto colpite da armi da fuoco o intossicate dai gas lacrimogeni. Per sedare le tensioni delle piazze, i militari israeliani avrebbero utilizzato anche alcune pallottole di gomma. Dal nord di Gaza inoltre, secondo quanto riportato dal portavoce dell'esercito israeliano, sarebbero partiti due razzi in direzione di Tel Aviv.
Tensione alle stelle
Per le strade di molti centri della Cisgiordania e nei dintorni di Gaza, molti manifestanti hanno appiccato il fuoco a bandiere israeliane e statunitensi, oltre che a immagini del premier Netanyahu. Il momento di maggior tensione si è registrato davanti alla Porta di Damasco, una delle entrate principali alla Città Vecchia di Gerusalemme: qui i militari sono intervenuti per sedare una dimostrazione di decine di palestinesi. In tutta la parte est della città, scuole e negozi sono rimasti chiusi, mentre Hamas ha chiamato a raccolta i palestinesi per la terza Intifada, prevista per domani: “Sarà il giorno dell’ira e l’inizio di una nuova intifada chiamata 'la liberazione di Gerusalemme'”, ha detto il leader Ismail Haniyeh. La tensione resta dunque altissima: per la giornata di domani è stato convocato con urgenza il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, così come la Lega araba ha convocato tutti i Paesi membri. Questo, però, potrebbe non bastare per allentare la tensione: mentre Netanyahu commenta gli scontri complimentandosi nuovamente con Trump “per essere entrato nella storia della capitale” e dicendosi sicuro che altri Paesi seguiranno il suo esempio, infatti, il ministro della Pubblica sicurezza lancia l'allarme legato alla possibile escalation di violenza, spiegando che c’è stato un crescente livello di incitamento, non solo da Hamas, ma anche dagli arabi israeliani” e che “il fenomeno dei lanci di pietre è aumentato durante la notte, dobbiamo essere preparati”.
La condanna della Comunità internazionale
Nel frattempo, come prevedibile, anche gli estremisti del sedicente Stato islamico sono tornati a farsi sentire, invitando i militanti jihadisti a gettare nuovamente il terrore su Israele. Un dettaglio che aggiunge una preoccupazione alla già esasperata situazione: il presidente turco, Erdogan, ha bacchettato Trump spiegando che “questa è una decisione che può infiammare l’intera regione”, annunciando peraltro di voler parlare con Papa Francesco in quanto questa situazione “riguarda anche i cristiani”. Le preoccupazioni, però, riguardano praticamente tutta la Comunità internazionale, schieratasi pressoché totalmente contro la decisione degli Stati Uniti dall'Unione europea alla Russia, finanche all'Arabia Saudita: il mondo intero è contro Trump.