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Campagna elettorale al veleno

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Si accende il dibattito pre elettorale quando mancano 10 giorni al voto. Ne sono protagonisti, da una parte, Recepp Tayyp Erdogan e, dall'altra, i candidati presidenti delle opposizioni.

L'affondo

Nel mirino del leader di Ankara, stavolta, è finito Selattin Demirtas, scelto come candidato dal partito filo curdo Hdp nonostante si trovi in carcere.”L'opposizione vuole che Demirtas venga rilasciato perché candidato alla presidenza? Io rispondo che dovrebbero essere rispettati alcuni criteri nella scelta dei candidati.. Quella candidatura che deve essere corretta, considerate le serissime accuse che pendono nei suoi confronti” ha detto Erdogan durante un comizio a Trazbon, città del Mar Nero. “Demirtas ha incitato la gente a scendere in piazza per protestare e 53 persone sono morte per colpa sua”, ha rincarato la dose Erdogan, rievocando le proteste di ottobre 2014 e del giugno 2015, secondo lui causate proprio dalle parole del leader curdo. Accuse sempre fieramente rispedite al mittente da Demirtas, facendo notare che nessuna indagine fu aperta all'epoca dei fatti, né nei suoi confronti, né di altri mebri del partito Hdp. 

Attacchi al “Sultano”

Erdogan è stato, a sua volta, duramente attaccato dal suo principale sfidante, il repubblicano Muharrem Ince, il quale ha accusato l'attuale presidente di “avere accordi segreti con Israele“. Per Ince il “Sultano” starebbe facendo affari segreti con Tel Aviv “che lui critica, ingannando l'opinione pubblica. Compriamo petrolio e semi, nessun boicottaggio è stato imposto sui prodotti israeliani e continuiamo ancora a chiedere il visto ai palestinesi, ma non agli israeliani”. Secondo il leader repubblicano, insomma, i pubblici attacchi di Erdogan contro Israele sarebbero “vuota retorica”. Ince ha poi sfidato il capo di Stato a un confronto tv proprio sui rapporti tra Ankara e Tel Aviv. Ince ha criticato Erdogan anche sulla gestione dei profughi siriani, promettendo che, a differenza del presidente in carica, lui non spenderebbe mai “40 milioni di dollari di soldi pubblici” per i profughi. 

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