Non accenna a placarsi la polemica sulla maglietta del marchio italiano di lusso Versace che identificava i territori autonomi di Hong Kong e Macao come paesi.Nuovo incidente diplomatico con la Cina del fashion targato Italia, riferisce LaPresse. Dopo Dolce&Gabbana, ora tocca a Versace. “La casa di moda ha commercializzato t-shirt e felpe da 380 dollari con scritti nomi di città e lo Stato di appartenenza indicando Macau-Macao e Hong Kong-Hong Kong come se fossero indipendenti e non sotto la sovranità del Dragone che ovviamente non ha gradito, soprattutto dopo le crescenti proteste nell'ex colonia britannica- sottolinea LaPresse-. La testimonial del brand nel Paese, l'attrice Yang Mi, ha fatto sapere di voler interrompere la collaborazione perché “estremamente offesa” essendo “cittadina della Repubblica popolare cinese”. Sui social si sono sollevate proteste e l'hashtag “Versace sospettata di supportare la secessione di Hong Kong e Macao” ha collezionato più di 400 milioni di visualizzazioni sulla piattaforma Weibo”. Il South China Morning Post aggiorna di ora in ora sulla mobilitazione contro uno dei marchi simbolo del made in Italy.
Casus belli
La casa di moda ha allora risposto sul social con un comunicato in cinese annunciando il ritiro dei prodotti. Ma non solo. Si è dovuta scomodare la “regina” in persona, Donatella Versace, con un post sul proprio account Facebook. “Mi dispiace profondamente – scrive – per lo sfortunato recente errore che è stato fatto dalla nostra azienda e che è attualmente in discussione su vari canali social media. Non ho mai voluto mancare di rispetto alla sovranità nazionale della Cina ed è per questo che ho voluto chiedere personalmente scusa per tale imprecisione e per ogni malumore che possa aver causato”. La stilista e sorella di Gianni specifica inoltre che “l'azienda si scusa per il design del suo prodotto e il richiamo della t-shirt è stato attivato a luglio. Il brand si assume la responsabilità e sta valutando le azioni per migliorare il modo in cui opera giorno dopo giorno per diventare sempre più consapevole”. Un nuovo scivolone, evidenzia LaPresse, dopo le polemiche dell'anno scorso su Dolce&Gabbana. Il casus belli allora erano state frasi dall'account Instagram di Stefano Gabbana che si riferivano alla Cinacome a una “mafia maleodorante”, imputate poi dal diretto interessato all'azione di un hacker, e uno spot allusivo dove compariva una modella cinese con le bacchette alle prese con il cibo italiano, tra cui un cannolo siciliano. I due stilisti erano stati banditi dai principali siti di commercio online e costretti a scusarsi pubblicamente per le accuse di razzismo e sessismo. Il marchio della moda italiana fondato da Gianni Versace si inserisce in un’intricata disputa geopolitica.
Lo scenario geopolitico
“L’integrazione di Hong Kong e Macao serve alla Cina ad annettere Taiwan”, analizza Limes – Pechino intende usare le regioni amministrative speciali come magneti per calamitare Taipei nella sua orbita. “Dall’elezione di Xi Jinping alla carica di segretario generale del Partito comunista cinese (Pcc), la Repubblica Popolare ha attribuito un’importanza assoluta alla sicurezza del regime- sottolinea la rivista di geopolitica diretta da Lucio Caracciolo-. L’ascesa di Xi coincise infatti col diffondersi di indiscrezioni su presunti tentativi di assassinarlo. Subito prima della sua nomina a segretario generale, il leader cinese sparì per alcuni giorni dalla scena a causa, secondo quanto si scrisse all’epoca, delle lesioni riportate in uno scontro con le fazioni dei “principini” rivali”. Anche dopo la sua elezione a presidente della Repubblica Popolare nel marzo 2013, ottenuta con 2.952 voti a favore, un voto contrario e tre astenuti, le voci sui tentativi di assassinarlo rimasero all’ordine del giorno. Tra il 2012 e il 2016, inoltre, la Cina è stata vittima di molteplici attacchi terroristici, condotti soprattutto dai separatisti del Xinjiang. Sono stati questi fatti, secondo Limes, a infondere nel regime di Xi uno straordinario senso di insicurezza, sfociato in un processo di progressiva securitizzazione degli apparati della Repubblica Popolare.