Nonostante l’Unione europea chiuda il 2016 in una situazione migliore rispetto al 2015, ci sono rischi strutturali e politici che potrebbero influire sulla ripresa. E’ quanto ha dichiarato Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, parlando ai leader dell’Ue durante il suo intervento a Bruxelles.
Il numero uno dell’Eurotower, tra i rischi strutturali ha segnalato la Brexit e un il cambiamento delle politiche statunitensi dopo l’elezione del presidente Donald Trump, mentre i rischi politici vengono dall’insolito numero di elezioni che si terranno nel 2017 e da un ambiente dove i tassi potrebbero gradualmente salire, portando alla luce le debolezze dell’Eurozona.
Draghi si aspetta di chiudere l’anno con un Pil – prodotto interno lordo – all’1,7%, e uno leggermente più alto l’anno prossimo. E ha ricordato che nella zona euro si sono creati 4 milioni di posti di lavoro. La ripresa è basata soprattutto sui consumi ma c’è anche un aumento degli investimenti, ha poi segnalato. Anche l’inflazione aumenterà nei prossimi mesi, ma siamo ancora lontani da dove vorremmo essere, secondo il presidente. Per quanto riguarda i rischi strutturali, ha indicato cambiamenti nelle relazioni esterne dell’Ue, facendo riferimento alla Brexit e al cambio delle politiche Usa.
E’ vero che i mercati sono stati molto più resilienti dell’atteso, ha detto, ma è difficile valutare la prospettiva a medio termine. In ogni caso, sul medio termine le prospettive sono peggiori per la Gran Bretagna che per i Paesi Ue. I rischi politici vengono invece dall’insolito numero di elezioni nei diversi Paesi, e da un ambiente dove i tassi d’interesse potrebbero gradualmente salire. In questo ambiente, ha spiegato, le debolezze di Paesi della zona euro potrebbero diventare visibili perché c’è mancanza di convergenza nella zona euro e mancanza di rispetto delle regole, oltre al fatto che l’unione monetaria non è ancora completa.