Ennesimo buco nell'acqua per Boris Johnson che, dopo il colpo durissimo incassato sabato scorso, vede per la seconda volta in tre giorni sfumare la possibilitĆ di sottoporre il suo accordo per la Brexit al voto del Parlamento britannico. Il muro stavolta lo alza John Bercow, speaker della Camera dei Comuni, che rigetta la richiesta del premier in modo semplice ma politicamente brutale, spiegando a Johnson che la mozione era stata giĆ discussa sabato e che porla di nuovo sarebbe stato “ripetitivo e disordinato”. Un altro schiaffo che al primo ministro toccherĆ mettere a referto, limitandosi a commentare il no di Bercow dichiarandosi semplicemente deluso e affidando al portavoce di Downing Street lo schietto pensiero che inquadra la mossa dello speaker come l'aver “negatoĀ la chance di attuare oggi la volontĆ del popolo britannico“. Una volontĆ che, in realtĆ , perlomeno stando alle manifestazioni anti-Brexit andate in scena nel fine settimana non sembra piĆ¹ nemmeno tanto uniforme, se mai lo sia stata.
Lo stop
Al momento, dunque, Johnson non potrĆ sottoporre al voto dei Comuni il suo accordo, a causa di un nuovo cavillo posto dal Parlamento il quale, secondo Bercow, risalirebbe addirittura al 1604 e spiegherebbe in modo chiaro che una mozione, qualora fosse ritenuta della “stessa sostanza” di una precedentemente discussa, questa non potrĆ essere riproposta nell'ambito di una stessa sessione parlamentare. In pratica, ha dichiarato lo speaker dei Comuni, la sua decisione ĆØ “stataĀ necessaria per garantire l'uso ragionevole del tempo della Camera e il corretto rispetto delle decisioni che prende”. Una versione che, a ogni modo, non ĆØ piaciuta ai Tory fedeli al primo ministro, i quali hanno accusato il relatore di aver impedito al governo di dibattere su un tema che ritiene sia degno dell'attenzione del Parlamento.
Lo stallo
Il Regno Unito ora ĆØ fermo: tra dieci giorni dovrebbe lasciare l'Ue ma non potrĆ farlo finchĆ© il Parlamento britannico non darĆ il suo ok all'accordo ottenuto dal premier a Bruxelles. Potrebbe farlo, come stabilito dall'emendamento Letwin (approvato sabato scorso), dopo la votazione del cosiddettoĀ Withdrawal Agreement Bill o Wab, la legge sul ritiro, una norma salvagente che, in estrema sintesi, andrebbe a scongiurare possibili effetti collaterali a livello politico-economico, un “no deal accidentale”, come ĆØ stato chiamato. La discussione su tale legge, come riferito dalla Bbc, richiederĆ l'analisi dei Comuni e anche dei Lord: servirĆ tempo ma il Benn Act (la legge che obbliga Johnson a chiedere il rinvio) dovrebbe fornire un riparo, almeno sulla carta. PerchĆ© Johnson quella lettera non l'ha firmata e, anzi, ne ha inviata un'altra che la smentisce.