Sono stati resi pubblici – dopo due rinvii – dalla compagnia petrolifera brasiliana Petrobas, i conti in riferimento al 2014, che mostrano dati sconcertati. Infatti evidenziano una perdita di 21,5 mld di reais (6,3 miliardi di euro), di cui circa 6,2 (pari a 1,8 miliardi di euro) provocati dallo schema delle tangenti pagate dai suoi dirigenti per assicurare appalti miliardari all’azienda. Secondo un’ichiesta avviata nel marzo del 2014 i dirigenti della Petrobas si gonfiavano i contratti per costruire le infrastrutture petrolifere e con parte dei ricavati finanziavano la campagna elettorale del Partito dei lavoratori (Pt) della presidente Dilma Rousseeff.
Nell’ambito dell’inchiesta sono indagati più di quaranta politici, tra cui i presidenti di entrambe le camere del congresso, e il tesoriere del Pt João Vaccari Neto è stato arrestato. La presidente, che ha diretto il consiglio di amministrazione della compagnia fino al 2010, nega con forza il suo coinvolgimento nel caso ed è stata esonerata dall’indagine dal procuratore generale.
Da questa domenica inizia una fase difficilissima per la Presidente, i cui sviluppi ad oggi sono difficili da prevedere. La prima mossa di Dilma è stata quella di chiamare un ministro del potente alleato PMDB, con cui i rapporti sono al momento tesissimi, nel nucleo ristretto che la affianca nel governo del paese. Ma, a sorpresa, il ministro Padilha dice no, allora la scelta cade sul vice presidente Temer. A lui viene affidato quello che in Brasile chiamano il “coordinamento politico”, ovvero i rapporti con i gruppi parlamentari alleati e, quello che più conta, la nomina dell’importantissimo “sottogoverno”. Lo sconfitto Aezio Neves parla di “dimissioni bianche” della Rousseff. Molti commentatori osservano e si domandano: se il coordinamento politico lo fa il vice presidente e l’economia è ormai in mano al potente ministro Levy, la Rousseff cosa fa? Ma passano pochi giorni e arriva il colpo più duro, l’arresto del tesoriere del PT, il partito di Lula e della Rousseff, Vaccari Neto.