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Bolivia, Jeanine Anez si autoproclama presidente

Colpo di coda previsto in Bolivia, dove il governo di transizione verso la tornata elettorale che instaurerà un nuovo corso per il Paese sarà guidato dalla senatrice Jeanine Anez, esponente di spicco del partito Unidad democratica e vicepresidente del Senato fino alle dimissioni della leader Adriana Salvatierra, a seguito delle quali aveva assunto la carica presidenziale. Un'autoproclamazione in realtà, visto che le due Camere del parlamento boliviano non hanno raggiunto il quorum, anche questa una variabile prevista, in quanto era pressoché scontata l'assenza dei parlamentari del Movimento al socialismo (Mas), quello dell'ex presidente Evo Morales. In sostanza, per la proclamazione di Anez mancavano oltre la metà dei parlamentari necessari ma, come la deriva politica del Paese lasciava presagire, la senatrice ha comunque preso le redini lasciate a terra da Morales che, dal suo esilio in Messico, continua a gridare al golpe.

L'autoproclamazione

Come riferito dai quotidiani locali, la 52enne della Unidad democratica ha fatto sapere di assumere tale incarico “di fronte all’assenza definitiva del presidente e del vicepresidente” e come stabilito dalla Costituzione, in quanto terza carica dello Stato: “Assumo immediatamente la presidenza dello stato prevista dall’ordine costituzionale – ha detto la presidente ad interim – e mi impegno ad adottare tutte le misure necessarie per pacificare il Paese”. La stessa Costituzione boliviana, tuttavia, prevede che le dimissioni delle principali cariche statali (presidente e vicepresidente) debbano essere approvate in via ufficiale sia dalla Camera che dal Senato, procedura che il caos politico del Paese ha di fatto scavalcato, approvando implicitamente gli addii di Morales e Alvaro Garcia Linera, per nominare poi Anez alla presidenza ad interim. Un difetto procedurale che, a ogni modo, l'ex presidente non ha mancato di far notare, sottolineando che l'autonomina della senatrice “infrange gli art.161,169 e 410 della Costituzione che determinano l'approvazione o il rigetto della rinuncia presidenziale, la successione costituzionale sulle presidenze di Senato e Camera dei Deputati, e la supremazia della Costituzione politica dello Stato“.

Riconoscimenti di Guaidò e Bolsonaro

Nel frattempo, a strettissimo giro arrivano le approvazioni del venezuelano Juan Guaidò, a sua volta autoproclamatosi presidente del Venezuela (con la differenza che nel Paese il presidente nominato è tuttora in carica), e del governo del Brasile, per voce del ministro degli Esteri del governo Bolsonaro, Ernesto Araujo, che dalle colonne del quotidiano Folha de Sao Paulo, ha fatto sapere che “la nostra prima impressione è che si stia attuando quanto prevede la Costituzione boliviana e vogliamo contribuire alla pacificazione e alla normalizzazione del Paese”.

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