E’ passato esattamente un anno da quando il mondo si stringeva intorno alla Nigeria per il rapimento di 200 studentesse della scuola di Chibok, nel nordest del paese. Da un emisfero all’altro dell’universo si poteva leggere l’hashtag #BringBackOurGirls, dove quell’aggettivo possessivo sottolineava la preoccupazione per quelle ragazze giovanissime di cui si persero le tracce. Dalle radio alle televisioni, dai giornali ai social network risuonava il nome di Boko Haram, il gruppo terroristico autore del sequestro, e che da allora avrebbe sempre più dominato sulla scena internazionale.
Un rapporto di Amnesty International pubblicato in occasione dell’anniversario dal rapimento delle studentesse, ha raccolto sotto il nome de “Il regno del terrore di Boko Haram” quasi duecento testimonianze, tra cui quelle di 28 persone riuscite a fuggire ai loro sequestratori. Dai dati del documento emerge che sono state rapite oltre duemila tra donne e ragazze in un solo anno.
Amnesty descrive inoltre i metodi brutali usati dai militanti islamisti che reclutano sistematicamente i giovani e uccidono uomini e bambini. Alle donne è riservato forse il peggiore dei trattamenti, nella maggior parte dei casi vengono stuprate o costrette a sposare i combattenti e a prendere parte ad attacchi contro contro la popolazione, talvolta con attentati nei loro stessi villaggi d’origine. “Uomini e donne, bambini e bambine, cristiani e musulmani, sono stati assassinati, sequestrati o sfruttati nel regno del terrore che ha colpito milioni di persone”, dichiara Salil Shetty, segretario generale dell’organizzazione con base a Londra. Le studentesse di Chibok sono solo una piccola parte delle donne e ragazze che hanno subito la brutalità di Boko Haram, sottolinea.