Non uccide ma è in grado di riportare una città indietro di secoli. E’ la “blackout bomb“, la bomba del blackout, l’arma che Seul starebbe pensando di utilizzare contro Pyongyang, laddove il regime di Kim Jong un dovesse attaccare la Corea del Sud. Si tratta di un ordigno alla grafite, capace di paralizzare le centrali elettriche della Corea del Nord, senza distruggere gli impianti. Un po’ come accade in caso di blackout, insomma, il regno eremita si troverebbe di colpo al buio.
A differenza di ordigni mortali, la “blackout bomb”, scrive il Telegraph, non provocherebbe né feriti né morti poiché si tratta di una bomba non letale per i civili, che si limita a isolare il Paese che colpisce. In poche parole, funziona così: le bombe in grafite rilasciano una nube di filamenti di carbonio trattati chimicamente che mandano in corto circuito le apparecchiature elettriche, senza però distruggere le centrali.
Ordigni del genere, scrive il quotidiano britannico, furono utilizzati per la prima volta nel 1990 dagli Stati Uniti in Iraq, durante la prima guerra del Golfo, e successivamente dalla Nato in Serbia, dove nel 1999 danneggiarono il 70% della fornitura elettrica del Paese. Con la “blackout bomb”, Seul otterrebbe di fatto il controllo della rete elettrica nordcoreana, decidendo a suo piacimento quando staccare e riattaccare la spina a Pyongyang.
Le armi in questione sono state realizzate dall’agenzia della Corea del Sud per lo sviluppo della difesa, ha riferito l’agenzia di stampa Yonhap, come parte del programma di prevenzione per arginare l’escalation nucleare di Pyongyang. “Tutte le tecnologie per sviluppare una bomba a grafite guidata dall’Agenzia per lo sviluppo della difesa sono garantite – ha fatto sapere un funzionario militare di Seul -. Possiamo costruire le bombe in qualsiasi momento”.
La strategia sudcoreana era programmata per la metà del 2020, ma le minacce sempre più aggressive di Pyongyang e il comportamento imprevedibile di Kim Jong-un hanno costretto Seul a rivedere i suoi piani.