Sarebbero 34 le persone uccise durante un attacco dei ribelli siriani che dopo aver fatto esplodere un edificio della sicurezza governativa al centro di Aleppo, hanno proseguito con un operazione sul terreno da parte di diversi gruppi di jihadisti. Secondo quanto riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani, tra le persone che hanno perso la vita, 20 appartengono all’esercito regolare di Damasco e gli altri 14 sarebbero gli attentatori.
Gruppi di ribelli locali, fra cui il Fronte di al Nusra, la sezione siriana di al Qaeda, assieme ai Muhajireen e all’armata di Ansar hanno rivendicato il raid iniziato ieri mattina e che ha distrutto parte della struttura dove sono ospitati gli uffici dell’intelligence dell’aeronautica. L’obiettivo era quello di assumere il controllo di un palazzo strategico della città, ma l’assalto “è fallito”. Intanto sei civili sono stati uccisi in un secondo attentato degli jihadisti nei pressi di postazioni sotto il controllo dell’esercito di Damasco.
Attualmente Aleppo, situata a soli 50 km dal confine con la Turchia, è fortemente divisa in settori controllati in parte dalle forze regolari siriane fedeli al presidente Bashar al Assad e e in parte da gruppi ribelli di ogni categoria uniti però nel comune obiettivo di rovesciare il governo. Da quando l’inviato Onu, Staffan De Mistura, aveva proposto un cessate il fuoco nella città, questo è l’attentato più grave con il quale è dichiarata fallita la possibilità di una tregua per consentire l’ingresso di aiuti umanitari e abbozzare un primo accordo politico. I ribelli siriani infatti affermano che l’unico modo per iniziare un dialogo è la cacciata di Assad, una soluzione non condivisa dal diplomatico delle Nazioni Unite che considera il presidente parte integrante per la soluzione alla guerra civile. Dall’inizio del conflitto si contano almeno 220 mila morti; più di tre milioni di siriani sono riusciti a rifugiarsi in Libano, Turchia, Giordania e Iraq.