L'amministrazione Trump sta valutando l'invio di ulteriori truppe in Medio oriente in seguito all'attacco alle petroliere avvenuto nel golfo di Oman due giorni fa. Lo riportano i media americani citando alcune fonti, secondo le quali le ulteriori truppe servirebbero a difendersi contro l'aggressione dell'Iran. Il Paese del presidente Hassan Rouhani è indicato come il responsabile del siluramento delle due petroliere da diverse Nazioni. Alla schiera di contestatori si sono aggiunti, in successione, anche il Regno Unito e l'Arabia Saudita, con i britannici unico Paese dell'Unione europea ad aver apertamente dichiarato il loro sostegno a Washington e Riad che avverte: “Non esiteremo a fronteggiare minacce contro il nostro popolo”.
Le accuse Usa
A puntare il dito sull'Iran fu, il giorno stesso delle esplosioni, il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo. Secondo gli Usa, “rapporti di intelligence, armi utilizzate, livello di conoscenza necessario per eseguire l'operazione e attacchi simili contro le navi perpetrati dall'Iran di recente, oltre al fatto che nessun gruppo ribelle nell'area ha le risorse per agire a tale livello di sofisticazione” sono gli elementi che inchioderebbero Teheran. Ma le accuse statunitensi non convincono il governo giapponese che, nelle scorse ore, ha apertamente preso le distanze dal j'accuse americano chiedendo agli Usa prove concrete a sostegno delle accuse contro Teheran per l'attacco alle due petroliere, sul quale caso Tokyo non si è ancora pronunciato. Il governo nipponico rimane non è convinto della colpevolezza iraniana e ritiene che le spiegazioni degli Stati Uniti non abbiano aiutato “ad andare oltre le speculazioni“, come rivelato da fonti governative citate dall'agenzia di stampa Kyodo. L'Iran, dal canto suo, si è già proclamata innocente parlando di “accuse infondate”. Mohammad Javad Zarif ha puntato il dito contro Washington, definendo “sospetta” la tempistica degli “attacchi” alle due petroliere nel Golfo.