Colpo di scena nella lunga telenovela tra Julian Paul Assange e il governo degli Stati Uniti d’America. L’attivista australiano è noto principalmente per la sua collaborazione al sito WikiLeaks, del quale è cofondatore e caporedattore. Assange, nascosto nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’arresto per un’accusa di stupro in Svezia, ha inviato un messaggio “di pace” al presidente uscente Barack Obama (a pochi giorni dall’uscita dalla Casa Bianca) nel quale si dice disposto a consegnarsi alle autorità di Washington in cambio di una grazia a Chelsea Manning (all’anagrafe Bradley), il soldato transgender che sta scontando dal 2010 una pena di 35 anni a Fort Leavenworth, in Kansas, per aver rivelato informazioni segrete militari e diplomatiche proprio su WikiLeaks.
WikiLeaks (traducibile in “fuga di notizie”) è un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro che riceve in modo anonimo, grazie a un contenitore protetto, documenti coperti da segreto di Stato, militare, industriale, bancario che poi vengono resi pubblici sul sito omonimo. Il fine è quello di pubblicare materiale “che porti alla luce comportamenti non etici di governi e aziende” tenuti nascosti. Gran parte dello staff del sito è anonimo per assicurare che che nessuno – giornalisti e informatori – venga perseguito per la diffusione di documenti sensibili, come accaduto a Manning.
Le intenzioni della “primula rossa del web” arrivano tramite un tweet dall’organizzazione: “Se Obama grazia Manning, Assange accetta l’estradizione verso gli Stati Uniti, nonostante la palese incostituzionalità” si legge nel testo. Assange, che vive da rifugiato dal giugno 2012; negli Usa è accusato di spionaggio e rischia la pena di morte.
Da parte sua Chelsea, in un’intervista pubblicata il 13 gennaio sul New York Times, ha raccontato le sue difficoltà come detenuta transgender in una prigione maschile. Nel novembre 2016, la Manning aveva inviato una lettera al presidente Obama perché commutasse il resto della sua pena prima di lasciare il suo incarico alla Casa Bianca. “Ho bisogno di aiuto” scriveva: “Sto vivendo in un clima di ansia perenne, aggressività, disperazione, solitudine e depressione. Non riesco più a dormire”.
“Ho anche tentato di togliermi la vita” scriveva nel testo ricordando i due tentativi di suicidio compiuti nel 2016. “Non ho fatto del male a nessuno”, ribadiva infine la transgender. La risposta di Obama alla proposta di Assange è attesa per la prossima “puntata” di questa lunga “spy story”.