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Arriva la sentenza che apre all'aborto

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Con una decisione a suo modo storica la Corte costituzionale sudcoreana ha dichiarato incostituzionale la legge che punisce con la reclusione la pratica dell'aborto. Con la stessa decisione la locale consulta ha fissato a fine 2020 la deadline entro quale il Parlamento dovrà intervenire per riformare le norme attualmente vigenti, pena l'annullamento delle stesse.

Motivazione

Per la Corte il bando – in vigore da 66 anni – rappresenta una “illegittima restrizione che viola il diritto di scelta delle donne”. Viene, tuttavia, rimessa alla discrezionalità del legislatore la possibilità di mantenere il divieto di aborto nelle ultime fasi della gravidanza. Secondo la legge attuale una donna che ricorre all'Ivg può essere punita con un anno di prigione e una multa di circa 1.750 dollari, mentre il medico che la esegue rischia sino a 2 anni di carcere. Violenza sessuale e gravidanze che mettono in pericolo la vita della madre sono le uniche ipotesi in cui l'interruzione è consentita. 

I numeri

Nonostante il divieto, infatti, l'aborto è piuttosto diffuso in Corea del Sud. Secondo un sondaggio promosso dal governo, fra l'altro, la sua liberalizzazione risulta sostenuta da 3 donne su 4 delle 10mila intervistate. Nei fatti, tuttavia, il divieto è stato applicato pochissime volte. Solo nel 2017, ad esempio, le interruzioni di gravidanza sono state quasi 50mila, il 94% delle quali illegali. Solo 80 fra donne o medici, tuttavia, sono finiti sotto processo, mentre solo una persona è stata condannata il carcere. Il resto ha dovuto pagare multe o ha potuto giovarsi della condizionale. 

Vescovi infuriati

La Conferenza episcopale sudcoreana ha detto di “deplorare fortemente” la sentenza. “Viene negato al feto il suo diritto fondamentale alla vita” si legge nel comunicato. “L'aborto è un crimine, uccide una vita innocente durante la gravidanza” hanno tuonato i vescovi. L'ultima pronuncia della Corte era del 2012; in quella occasione era stata confermata la costituzionalità del bando, riconoscendo il diritto alla vita del feto. 

Francesco Volpi: