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Armati, narcotrafficanti e sfruttatori: ecco chi sono i pirati di oggi

Sette pirati hanno fermato trentacinque uomini e due barchini spogliano un mercantile di gran lunga più grande. È la storia dei grandi domati dai piccoli, ma nelle leggi del mare tutto è sovvertito. L'attacco al mercantile Remas da parte di un commando di pirati armati fino ai denti nel Golfo del Messico è solo l'ennesima imboscata di un manipolo criminale nelle rotte commerciali. Nei marittimi che salpano quel mare è ancora vivo il ricordo dell'imboscata alla Global Explorer Vikrant Dolphin, le navi rispettivamente messicana e mauriziana attaccate la mattina del 26 Novembre di tre anni fa in quelle stesse acque. In quel caso, i pirati erano unidici ma, nonostante le autorità messicane sapessero da tempo delle loro azioni, non furono in grado di intercettarli in tempo. 

I pirati di oggi

Abbandonato il mito “dandy” del predone di galeoni, i pirati di oggi sono criminali senza scrupoli, armati fino ai denti e con legami stretti con il narcotraffico, la prostituzione coatta e la vendita illegale di armi. Nel nord dell'America Latina e in Centro-America, la loro rete non lambisce solo i mari, ma anche la terraferma, con affari spesso milionari che rimpolpano la micro-criminalità locale. È proprio nell'America Latina settentrionale che il fenomeno è in netta crescita. L'Organizzazione no-profit Ocean beyond piracy è da anni impegnata nel monitoraggio e contrasto del fenomeno della pirateria nel mondo attraverso una analisi dei costi umani ed economici della pirateria. Secondo il rapporto da loro pubblicato nel 2017, a partire dalla fine del 2016 sono stati registrati 98 incidenti (71 soltanto nel 2017) con l'obiettivo di depredare navi ed equipaggi. Di questi, ben 42 attacchi sono stati fatti a yatch, con un aumento del 163% rispetto all'anno precedente. Il mare prospiciente le coste del Venezuela è quello più colpito, complice la crisi del Paese che non permette un “monitoraggio” controllato del Mar dei Caraibi, per non parlare di casi di collusione fra gli stessi agenti e i pirati. In America latina, nel 2017 sono stati colpiti 854 marittimi, con un netto aumento rispetto al 2016, dove se ne erano registrati 527. Trinidad e Tobago è uno stato insulare dell'America centrale caraibica. Sulle cui coste, da tempo si assiste impotenti agli attacchi dui pirati. Inizialmente, le bande razziavano cibo e prodotti costosi, ma l'osservazione diretta del fenomeno ha consentito di rilevare un cambio di rotta delle azioni criminose: a gennaio del 2017, a Puerto La Cruz sette ladri hanno attaccato una petroliera. Il timore è che vengano sempre più presi di mira obiettivi ambiziosi, come petroliere e navi cargo, che consentono introiti più consistenti. Parallelamente a un “cambiamento degli obiettivi”, anche il cambiamento delle forze criminali. Secondo Reuters, ad aprile del 2018 quattro pescherecci sono stati assaltati a largo della Guyana. I testimoni hanno riferito di un manipolo di criminali incappucciati che hanno attaccato con machete e olio bollente, uomini sono gettati in mare.


La mappatura degli attacchi di pirati in America centro-meridionale negli anni 2016/2017 – Grafica © OBP

Il lato oscuro del Sud-est asiatico

Il problema della pirateria non riguarda solo il l'America centro-meridionale. Nello Stretto di Malacca, uno dei principali punti di transito obbligato delle navi mercantili, sono sempre frequenti le incursioni di pirati. Nel contesto asiatico, i gruppi criminali mettono le loro radici nel fondamentalismo islamico, che usa gli assalti per trarre profitti utili alle missioni. Un caso emblematico è quello dell'Indonesia, dove la presenza capillare di isolette favorisce non solo il monitoraggio della zona da parte dei pirati, ma anche una possibilità di fuggire con più rapidità. I dati diffusi nel 2017 dall'International Maritime Bureau rivelano una progressiva regressione del fenomeno nell'area: in quell'anno, si sono contati circa 43 attacchi da parte di pirati. Nel 2016, circa una novantina. Nelle Filippine, al contrario, la situazione si ribalta diametralmente, perché nel 2017 gli attacchi sono raddoppiati rispetto al 2016. Ancora una volta, sono i passaggi e gli stretti gli scenari preferiti dai pirati, al punto che in questi anni il governo ha attuato provvedimenti molto forti. Nell'ottobre 2017, il Ministero della Difesa malesiano ha avviato, insieme ai corrispettivi dipartimenti di Indonesia e Filippine, una task force di pattugliamento aereo nel Mare di Sulu per contrastare i militanti del Daesh attivi nelle attività di pirateria. L'episodio scatenante fu la prese della città di Marawi, nel sud delle Filippine. Ancora oggi, la località di Mindanao, è un target sensibile da parte dei marittimi criminali al punto da spingere lo stesso presidente del Paese, Rodrigo Duterte, a “bombardare” sospette navi pirate rintracciate in mare

Acque agitate in Africa

Più frammentata, ma non per questo meno pericolosa, la pirateria sulla coste del Corno d'Africa e della Somalia, che si alimenta da sempre dell'industria ittica e delle merci sulle navi mercantili. Dieci anni fa, un servizio dell'emittente Bbc ne tracciò le origini, dagli ex pescatori divenuti pirati per mero guadagno agli ex signori della guerra d'Africa, che hanno trovato nella pirateria una strada per reiterare la loro condotta criminale. Anche nel Continente, la pirateria trova terreno fertile nel vuoto istituzionale e politico di molti Stati, se non addirittura nei conflitti aperti in taluni Paesi. Questo è chiaro soprattutto nel Golfo di Guinea, dove la povertà di ampie frange della popolazione s'intreccia all'incertezza politica nei pressi del Delta del Niger. Nell'area sono molto frequenti i rapimenti: fra tutti, il giornale online Hellenic Shipping News ha menzionato i 35 marinai rapiti dai pirati nigeriani in un periodo compreso fra gennaio e giugno 2018.

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