Vogliamo credere che la Grecia, un Paese vicino con cui stiamo sviluppando ogni giorno relazioni più strette, non diventi un rifugio per i golpisti turchi legati alla rete di Fethullah Gulen“. Lo ha detto il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, in una conferenza stampa congiunta con il suo omologo di Atene, Nikos Kotzias, in visita ad Ankara. Secondo Ankara, che nei mesi scorsi aveva già duramente criticato la decisione dei tribunali greci di non estradare 8 militari accusati di aver partecipato al putsch, sono almeno altri 995 i cittadini turchi che hanno presentato una richiesta di asilo in Grecia. Cavusgolu ha quindi invitato Atene a valutare accuratamente possibili legami di questi richiedenti asilo con i “gulenisti”. Dal canto suo, Kotzias ha ribadito la condanna del golpe da parte del suo governo ma anche l’indipendenza dei tribunali greci.
A oltre un anno dal fallito colpo di Stato la stagione delle “purghe” inaugurata da Erdogan non si è ancora conclusa. A farne le spese, negli ultimi giorni, sono stati 518 testi scolastici, sequestrati perché, secondo Ankara, avrebbero “contenuti controversi” o di propaganda a favore della presunta rete golpista. L’iniziativa è stata avviata dopo gli appelli lanciati dal presidente Erdogan per la cancellazione dei messaggi gulenisti. Tra i contenuti finiti nel mirino, ci sono i riferimenti al progetto di “Dialogo interreligioso” sostenuto per anni dal suo movimento Hizmet. Dall’estate del 2016 circa 140 mila libri ritenuti portatori della “propaganda” di Gulen sono stati “ritirati con urgenza” da 1.142 biblioteche statali.
Lo spettro del gulenismo per il governo turco è, dunque, diventato una vera e propria ossessione. Lo dimostra quanto avvenuto dopo il derby tra Galatasaray e Fenerbache, le due più importanti squadre di calcio di Istanbul. Prima del fischio d’inizio i tifosi del Galatasaray hanno srotolato un’enorme coreografia con raffigurato Rocky Balboa. Tanto è bastato al ministero dello Sport per aprire un’indagine. Il celebre pugile hollywoodiano (interpretato da Sylvester Stallone), sarebbe, infatti considerato un simbolo “gulenista”. Il motivo? Lo “Stallone italiano” è originario di Philadelphia, città della Pennsylvania, Stato Usa nel quale dal 1999 vive proprio Gulen, auto-esiliatosi dopo essere entrato nella black list di Erdogan. Non solo. Lo slogan “Alzatevi in piedi“, affiancato alla coreografia, evocherebbe un recente discorso dell’imam miliardario.