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Ankara nella morsa del terrore, spari davanti all’ambasciata Usa: fermato un uomo

Nuovo allarme ad Ankara a poche ore dall’omicidio dell’ambasciatore russo Andrey Karlov. Una persona è stata fermata davanti alla sede dell’ambasciata americana dopo aver sparato otto o nove colpi in aria. L’uomo, che nascondeva il fucile sotto il cappotto, è stato bloccato dalla polizia. Le forze dell’ordine stanno indagando per capire se l’episodio possa essere in qualche modo legato alla morte di Karlov.

L’ambasciata americana ha fatto sapere che, per ragioni di sicurezza, resteranno chiuse per le “normali operazioni” le rappresentanze diplomatiche di Ankara, Istanbul e Adana. Ai cittadini Usa presenti in Turchia è stato raccomandato di mantenere “un alto livello di vigilanza”.

Proseguono intanto le reazioni della politica internazionale dopo l’attentato costato la vita a Karlov. Messaggi di cordoglio sono arrivati anche dal governo di Israele. “Inviamo le nostre più profonde condoglianze alla famiglia e al popolo russo – ha detto Benjamin Nethanyahu – L’uccisione di un diplomatico è un vero monito del bisogno per il mondo civilizzato di unirsi nella lotta alle forze del terrorismo”.

Intanto il ministro russo degli Esteri, Serghiei Lavrov, durante un colloquio con l’omologo turco Mevlut Cavusoglu. ha ringraziato Ankara “per l’immediata reazione a questo crimine barbarico e per le condoglianze”. Lavrov ha sottolineato che “questa tragedia fa lottare noi tutti contro il terrorismo in maniera sempre più decisa e rende l’incontro di oggi sempre più attuale”. Il ministro degli Esteri russo ha fatto sapere che la salma del diplomatico tornerà a Mosca sullo stesso aereo che stamane ha portato in Turchia un team di 18 investigatori russi per indagare sull’assassinio e ha dichiarato che le circostanze del crimine devono essere stabilite al più presto.

La autorità turche sono convinte che dietro l’attentato si nasconda la rete legata a Fetullah Gulen, già accusata del tentato golpe dello scorso 15 luglio. L’ipotesi che sta emergendo, secondo i media filo-governativi, è quella di un tentativo di “sabotaggio” contro il presidente Recep Tayyip Erdogan e i recenti accordi con Mosca. Una prova, scrive Sabah, sarebbe rappresentata da un congedo concesso al killer, che era in forza ai reparti antisommossa, tra il 16 e il 18 luglio, all’indomani del fallito colpo di Stato. In quei giorni, tutti i membri delle forze di sicurezza vennero richiamati in servizio obbligatorio.

Secondo alcune testimonianze, la data prevista inizialmente per il tentativo di putsch era proprio il 16 luglio. A firmare il congedo, inoltre, è stato un superiore di Altintas, Kahraman Sezer, poi arrestato perché sospetto gulenista. Il killer, però, non sarebbe stato raggiunto da alcuna sanzione. Inoltre, si sottolinea, Altintas aveva studiato in una scuola preparatoria della rete di Gulen, nella provincia occidentale di Aydin di cui era originario, finita poi in una delle inchieste per presunta manipolazione dei test d’ingresso a università e accademie.

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