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Angela Merkel per la prima volta ad Auschwitz

Era da più di vent'anni che un cancelliere tedesco non varcava i cancelli di Auschwitz. L'ultimo a farlo fu Helmut Kohl, nel 1995, e prima di lui Helmut Schmidt, nel 1977. Dopo di loro non lo avrebbe più fatto nessun altro, né Gerhard Schroder né Angela Merkel, nei suoi 14 anni alla Bundeskanzleramtsgebäude, durante i quali ha comunque visitato i campi di Dachau e Buchenwald. Fino a oggi almeno, visto che la cancelliera, ormai a metà del suo quarto mandato e prossima all'addio alla politica (previsto per il 2021), si è recata in Polonia per visitare il campo di concentramento, tragico teatro di una strage che, a distanza di decenni, continua a inorridire e a testimoniarsi attraverso quelle mura e quel silenzio: “Quello che è successo qui non si può capire con la comprensione umana – ha detto Angela Merkel, nel corso della sua prima visita ad Auschwitz in veste di cancelliera -. Non dobbiamo dimenticare mai”. Una delegazione polacca, comopsta dal premier Mateusz Morawiecki e da Piotr Cywinski, direttore della fondazione Auschwitz-Birkenau, ha accompagnato la cancelliera oltre i cancelli del campo di sterminio, al di là della scritta in ferro battuto “Arbeit macht frei”, attraverso le baracche e il filo spinato che furono testimoni di morte e sofferenza.

Un monito perenne

C'era anche un uomo di 87 anni nel gruppo di persone al seguito della cancelliera tedesca: Stanislaw Bartnikowski quel campo lo ha vissuto nei giorni della follia, da prigioniero marchiato, oltrepassando di nuovo quei cancelli da sopravvissuto, tornando lì dove oltre un milione di persone trovarono la morte, trucidate in nome dell'odio. Da lì, la cancelliera si è recata anche al vicino campo di Birkenau, appena tremila metri di distanza, tanto che i due nomi vengono spesso accostati come un unico luogo di sterminio. Lì, spesso fra la neve e il gelo, arrivavano sulle rotaie della Bahnrampe, al Gate Auschwitz II, i treni dei deportati, per poi procedere alla selezione dei prigionieri, eliminando coloro che non erano in grado di lavorare: “Non possiamo tirare una linea – ha detto la cancelliera -, e non ci sarà neppure alcune relativizzazione”. Alla fondazione che gestisce i due campi, la Bundeskanzleramtsgebäude ha concesso un fondo di circa 60 milioni di euro, affinché i luoghi della memoria siano preservati, come simbolo e monito perenne di ciò che la follia umana può arrivare a concepire.

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