Alla fine è arrivata l'uniformità richiesta: gli Stati Uniti hanno deciso di fermare i voli dei Boeing 737 Max 8 e anche 9, peraltro con effetto immediato. Ad annunciarlo è stato lo stesso presidente Donald Trump, il quale ha posto come motivazione il desiderio di tutelare gli utenti: “La sicurezza del popolo americano, di tutte le persone – ha detto -, è la nostra preoccupazione principale”. Continua dunque ad allungarsi anche nel Continente americano la lista dei Paesi che hanno messo al bando i Boeing gemelli a quello precipitato in Etiopia (e prima ancora in Indonesia), dopo che anche il Canada in giornata aveva disposto il medesimo stop. Gli Usa, nei giorni scorsi, avevano rifiutato di procedere con il blocco, richiedendo però un urgente rinnovamento del software utilizzato dalla compagnia. Nelle ultime ore, però, la pressione di sindacati e aziende era aumentata in modo sistematico, richiedendo a più riprese di uniformare l'atteggiamento degli Usa a quello assunto da altri Paesi nei confronti dei velivoli in questione.
Caos Boeing
Con lo stop imposto praticamente in tutto il Pianeta (nelle scorse ore, in serie, hanno dato l'annuncio anche India, Nuova Zelanda, Vietnam e Kenya) per il costruttore americano la situazione inizia a farsi estremamente difficile visto che, oltre ai velivoli lasciati a terra, molte compagnie aeree stanno puntando i piedi su ordini di acquisto fatti in precedenza, in alcuni casi (come la Lion Air indonesiana, la compagnia in possesso del boeing precipitato a ottobre) rinunciandovi del tutto. Da altre parti, ad esempio dalla Norwegian Airlines, arrivano invece richieste di risarcimento: la compagnia norvegese, infatti, detiene il maggior numero dei velivoli in questione per un totale di ben 20 voli al giorno cancellati. Anche la compagnia dell'ultimo incidente, l'Ethiopian Airlines, avrebbe deciso di rivedere i piani d'acquisto concordati.
La Germania rifiuta la scatole nere
Intanto, anche l'analisi delle scatole nere procede a rilento. L'Etiopia aveva infatti chiesto alla Germania di riceverle e analizzarle ma l'ente federale in questione ha rifiutato il mandato ponendo come motivazione la “mancanza del software necessario” per procedere a un'indagine approfondita, anche per via dei danni subiti da entrambi i registratori nello schianto.