Amministrazione Usa divisa sul futuro di Bashar al Assad. Ai toni più morbidi di Rex Tillerson, che ha invitato a “imparare la lezione” della Libia, si contrappone la decisa presa di posizione di Nikki Haley, l’ambasciatrice americana all’Onu, secondo la quale “non c’è pace o soluzione politica con Assad” al potere. A mediare l’apparente contraddizione andata in onda sulle maggiori reti televisive americane è stato il consigliere alla sicurezza di Donald Trump, H.R. McMaster: gli Stati Uniti vorrebbero un cambio di regime in Siria, “ma non saremo noi a cambiarlo”. Perché la priorità dell’America, ha insistito il segretario di Stato, resta sconfiggere l’Isis, non cacciare Assad.
La complessa partita siriana, che rende evidenti le difficoltà della Casa Bianca nel definire una strategia di lungo termine dopo il raid, sbarca intanto al G7 degli Esteri di Lucca, di cui è il tema dominante. A margine dei lavori, il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha convocato anche una riunione speciale su Damasco allargata ai capi delle diplomazie di Turchia, Emirati Arabi, Arabia Saudita, Giordania, Qatar. Su una possibile cambio di regime in Siria, proprio Alfano è apparso molto cauto. Su Assad dovrebbero essere i siriani a decidere, ha affermato il titolare della Farnesina, ricordando quanto accaduto in Libia con Gheddafi, “un esperimento non riuscito di cui ancora paghiamo il conto”.
A Tillerson toccherà il compito di spiegare ai colleghi il raid americano in Siria, fornendo possibilmente indicazioni sulle prossime mosse. Ma soprattutto aiutare a delineare una posizione comune per mettere pressione sulla Siria e i suoi alleati, in particolare la Russia. Mentre l’Iran, con l’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, è tornato a criticare l’attacco americano definendolo “un errore decisivo”, l’attenzione è infatti tutta su Mosca, dove Tillerson volerà dopo la tappa di Lucca. Obiettivo della missione, riferisce la Fox citando fonti dell’amministrazione, sarebbe quello di “inchiodare” la Russia alle sue responsabilità, cercando di chiarire un suo possibile coinvolgimento nell’attacco chimico che ha scioccato il mondo.
Il confronto fra Tillerson e il Lavrov appare tutt’altro che in discesa: secondo indiscrezioni, il segretario americano potrebbe accusare esplicitamente Mosca di essere complice di Assad nell’attacco chimico. Oltre che di aver “fallito” nel suo impegno del 2013 di sottrarre ad Assad tutte le sue armi chimiche. Accuse a parte, secondo altre fonti la missione di Tillerson punta a spianare la strada ad un confronto costruttivo per portare le parti a sedersi attorno ad un tavolo. E questo richiederebbe la partecipazione del regime e dei suoi alleati. Una non chiusura su Assad da parte degli Stati Uniti potrebbe facilitare il dialogo con Mosca, il cui filo con Damasco si è addirittura rafforzato dopo il raid americano. Allo stesso tempo, però, la Russia appare sempre più isolata e gli Stati Uniti potrebbero far leva sull’appoggio internazionale al raid per chiedere a Mosca di abbandonare il sostegno al rais. Un sostegno, come aveva detto Mosca prima dei missili americani, che non è “incondizionato”.