Non è positivo il giudizio degli osservatori dell’Osce sulle elezioni amministrative in Albania. Infatti, sembra che il quadro giuridico del Paese avrebbe potuto fornire le basi per delle votazioni democratiche, tuttavia “a causa della mancanza di volontà di attuarlo in modo efficace – affermano – questo non è stato raggiunto”. Questo è quanto si legge nel rapporto preliminare delle amministrative di domenica, presentato a Tirana dagli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. La responsabilità, secondo loro, è da attribuire anche alla “politicizzazione che pervade le istituzioni impegnate nelle elezioni”. Proprio per questo, non è stato sufficiente che agli elettori fosse “offerta la possibilità di scelta tra una vasta gamma di candidati”, e che siano stati rispettati la libertà di espressione e di riunione.
Inoltre, il capo della delegazione del Congresso locale e delle Autorità regionali del Consiglio d’Europa, Stewart Dickson, si è fermato sulle segnalazioni relative alle pressioni agli elettori o ai tentativi di acquistare voti: “Ci sono state diffuse accuse di pressione sugli elettori, che hanno sollevato preoccupazioni circa la loro capacità di recarsi alle urne liberamente, senza il timore di ritorsioni”, osserva il rapporto.
Intanto continua lo spoglio delle schede. Al momento il processo si è concluso in 22 comuni, con un numero ridotto di elettori. Il centrosinistra albanese del premier Edi Rama ha vinto in 16 di essi. Solo 6 invece quelli andati a candidati di centro destra, guidato da Lulzim Basha. Però c’è da segnalare che in alcuni comuni che storicamente hanno votato il centro sinistra, la coalizione di Basha ha notevolmente ridotto le distanze.
Accuse sono arrivate anche dall’opposizione, che ha denunciato “irregolarità” al voto. “Ci sono state delle irregolarità, manipolazioni, oltre a pressioni e minacce contro gli elettori della destra”, ha dichiarato in un comunicato il Partito democratico. Sono inoltre fioccate le accuse per i candidati sindaci, di cui molti hanno un trascorso criminale, accusati di corruzione o finiti in manette in Italia per sfruttamento della prostituzione. Il tutto in un Paese che sta cercando di entrare in Europa e che lo scorso anno ha raggiunto gli standard per l’accesso.