Il mondo senza confini di internet rischia, almeno in Algeria, di vedere i propri orizzonti leggermente più determinati, almeno per quanto riguarda i siti a inequivocabili contenuti pornografici e, soprattutto, quelli che incitano alla jihad. La decisione, secondo quanto riferisce oggi l’edizione on line dell’autorevole quotidiano arabofono El Khabar, è stata presa dallo stesso ministro delle Poste e delle Tecnologie dell’Informazione, Houde Imane Feraoun, che ha chiesto a un gruppo di esperti di elaborare in tempi brevissimi una strategia efficace per frenare la libera circolazione sulla rete di idee integraliste, così come di siti pornografici, il cui proliferare viene ritenuto come nocivo per i più giovani, privi di reali strumenti per proteggersi.
La decisione della signora Feaoun è stata presa dopo un incontro con i rappresentanti della Federazione della difesa dei consumatori, che hanno riferito perplessità e timori di fronte a una circolazione sul web di argomenti illeciti o matrice eversiva.
Secondo El Khabar – che al momento non è stato smentito – la strategia di “moralizzazione di internet” riguarderebbe i siti che promuovono la “violenza, il terrorismo, la jihad e lo sciismo”. Quello agli sciiti appare come una “prima”, nel senso che per il governo la promozione delle idee e dei messaggi degli antagonisti dei sunniti (maggioritari in Algeria) viene oggi vista come qualcosa che nuoce alla stabilità dello Stato e quindi da fermare a ogni costo. Una svolta che potrebbe preludere ad altre misure, oltre quelle già adottate (come il pugno di ferro verso gli imam integralisti, riconducibili alle correnti più ortodosse della sunna) per riaffermare la supremazia dello Stato sulla religione, pur in una Algeria che, formalmente laica, rimane saldamente musulmana.
La stretta, prossima ventura, potrebbe passare anche per un intervento in termini restrittivi sugli internet caffè, frequentatissimi soprattutto dai più giovani e che, almeno secondo la Federazione dei consumatori, sono ormai fuori controllo, diventando incubatori di idee estremiste, ma anche cybercriminali che, al riparo di computer pubblici, operano nella quasi totale impunità.