È cambiata molto la cattolica Irlanda, dove solo vent’anni fa l’omosessualità era un reato: oggi il Paese tiene il primo referendum nazionale al mondo sulla legalizzazione delle nozze gay . Nonostante i sondaggi indichino una maggioranza del “sì”, entrambe le parti invitano alla cautela, perché il risultato è tuttaltro che scontato. Quel che è certo è quanto è cambiato l’atteggiamento della società verso gli omosessuali, quanto è diminuita l’influenza della Chiesa Cattolica.
Tutti i partiti politici, anche il primo ministro cattolico, Enda Kenny, sono schierati a favore del “si”. Il fronte del no è guidato invece dai vescovi cattolici e da gruppi di ispirazione religiosa. Alla Messa della domenica, i parroci hanno letto ai fedeli una lettera pastorale, invitandoli a respingere una proposta che metterebbe a repentaglio “il significato fondamentale del matrimonio, come è stato inteso attraverso culture, religioni ed epoche storiche”. Sebbene l’85% della popolazione si dichiari almeno nominalmente cattolica, l’autorità morale della chiesa si è indebolita, conservando il suo peso solo nell’Ovest rurale del Paese.
Le città sono tappezzate di manifesti delle due parti. “Uguaglianza per tutti” è lo slogan del sì, mentre i manifesti del no puntano sui bambini e sul rischio che il matrimonio gay apra la prospettiva di adozioni per le coppie omosessuali. “Un bambino ha bisogno di un padre e una madre”, recita un poster. I cittadini sono chiamati a votare una modifica della Costituzione del 1937: l’emendamento mira a definire il matrimonio come un’unione “che può essere contratta secondo la legge da due persone senza distinzione di sesso”.