Alla viglia dell’anniversario dell’11 settembre Al Qaeda torna a farsi sentire e a minacciare l’Occidente. In un messaggio Ayman al Zawahiri, successore di Osama bin Laden, nel celebrare la strage di 15 anni fa, ricorda che la priorità del gruppo terroristico resta “la jihad contro l’America”. Secondo il medico egiziano “Bisogna esportare la guerra santa e colpire gli Stati Uniti e i loro alleati. Fino a quando i vostri crimini continueranno gli eventi come l’11 settembre dovrebbero ripetersi migliaia di volte, così è la volontà di Allah”.
Al Qaeda, ricordando di essere stata protagonista del più grande attentato terroristico della storia, cerca attraverso questo messaggio di mostrarsi viva, nonostante sia stata superata dallo Stato Islamico per pericolosità e capacità di fuoco. Ed è evidente che Al Zawahiri voglia sfruttare le recenti sconfitte militari dell’Isis per rilanciare l’organizzazione qaedista come principale gruppo jihadista internazionale. I rapporti tra le due organizzazioni, del resto, sono sempre stati pessimi. In particolare Zawahiri ha duramente condannato le atrocità, tra cui le decapitazioni, messe in atto dai rivali.
Intanto Barack Obama è alle prese con una legge che rischia di compromettere del tutto i già difficili rapporti con l’Arabia Saudita. Si tratta del progetto normativo che darebbe il là a possibili cause contro Riad, sospettata di essere dietro agli attacchi di 15 anni fa. Il presidente Usa è sempre stato contrario alla legge, la quale rischierebbe di creare un precedente che faccia sentire altri Paesi in diritto di muovere causa agli Stati Uniti. Però questa volta la possibilità che il veto del presidente Obama venga respinto in Congresso (sarebbe la prima volta) è reale visto l’ampio consenso bipartisan di cui gode la legge, considerata da molti come “un imperativo morale” in nome delle famiglie delle vittime dell’11 settembre. La strategia della Casa Bianca – spiegano alcuni commentatori – potrebbe quindi essere quella di calendarizzare il voto sul veto a ridosso delle elezioni presidenziali, quando inevitabilmente Capitol Hill si svuoterà.