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AFGHANISTAN: TRE RAGAZZE SFIGURATE CON L’ACIDO

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Sfigurate con l’acido mentre andavano a scuola a Herat, terza città dell’Afghanistan, dove probabilmente l’istruzione femminile è ancora un “tabu” per i talebani. Questo è ciò che è successo stamattina a tre studentesse di età compresa tra i 16 e i 18 anni, aggredite da uomini in motocicletta che hanno gettato dell’acido sui loro volti. Secondo quanto riferito dai media locali, prima di dileguarsi gli assalitori hanno urlato che quella era “la punizione per frequentare la scuola”. Le adolescenti sono state portate subito all’ospedale Noor della città. Secondo un responsabile, Jamal Abdul Naser Akhundzada, le tre giovani sarebbero arrivate in gravi condizioni.  Poi, per questioni di sicurezza, i genitori hanno deciso di trasferirle in un’altra struttura ospedaliera.

L’episodio ricorda quello di Malala, la coraggiosa ragazza pachistana che ha vinto il Premio Nobel per la Pace, ferita alla testa durante un attacco armato allo scuolabus da parte dei talebani nel 2012. Anche lei era stata “punita” per le sue dichiarazioni e attività in favore dell’istruzione delle ragazze.

Ogni anno comunque, decine di donne sono vittime di attacchi con l’acido, non solo in Afghanistan, ma anche nel vicino Pakistan, Bangladesh e India. Spesso questa è la “punizione” per aver violato il codice d’onore della famiglia o, come in questo caso, hanno sfidato i precetti islamici che impediscono alle donne di emanciparsi e mostrarsi in pubblico. Tuttavia, di recente, ci sono state delle aperture dei talebani afghani della corrente del Mullah Omar in materia di diritti delle donne. L’emirato Islamico del Paese ha dichiarato in un comunicato di “essere determinato ad abolire le tradizioni anti islamiche contro le donne e a creare una situazione di sicurezza in cui possano vivere in serenità e in pace”.  Agli inizi di giugno, inoltre, i talebani hanno incontrato a Oslo un gruppo di donne afghane appartenenti ad organismi istituzionali e governativi ed alla società civile per un confronto sul processo di pace e sul ruolo che in esso può avere la componente femminile della società.

Claudia Gennari: