Il 2014 segna un picco negativo per l’Afghanistan: è stato l’anno peggiore per il numero di vittime civile. Secondo dati delle nazioni unite un totale di 3.699 persone sono state uccise, mentre i feriti ammontano a quota 6.849. Le perdite sono aumentate quindi del 22% rispetto al 2009, anno in cui l’Onu ha iniziato a monitorare le vittime. Comunque il bilancio è drammatico, in questi 5 anni i dati ufficiali palano di quasi 18mila morti e 30mila feriti. Durante questo arco temporale i combattimenti tra forze e governative e talebani hanno causato oltre un terzo delle perdite civili, mentre le bombe sono state responsabili del 28% dei morti e feriti tra la popolazione. Solo a dicembre 2014, l’Onu ha registrato oltre 500 vittime civili, morte in una serie di attacchi contro le truppe straniere ad opera dei talebani, ma questi ultimi negano di essere responsabili di un numero così alto di morti.
A confermare l’intensificarsi degli scontri ci sono stati anche gli ultimi dati pubblicati dal Comitato internazionale della Croce rossa, Icrc, che riporta che nel 2014 l’associazione ha trasportato il 37% in più dei combattenti feriti dai campi di battaglia ai centri sanitari, e recuperato oltre il doppio del corpi.
Ricordiamo che a fine dicembre si sono concluse le operazioni di combattimento in Afghanistan della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza, Isaf, durate 13 anni, passando dal primo gennaio del 2015, a una più ridotta missione di assistenza e formazione denominata Resolute Support. Basata su due accordi firmati con gli Stati Uniti e con la Nato, la nuova missione avrà una durata decennale e conterà su 12-13.000 uomini messi a disposizione dalla Nato e da altre 14 Nazioni