Un commando armato ha fatto irruzione martedì sera in una moschea musulmana sciita di Kabul, dove centinaia di fedeli si erano riuniti in occasione della vigilia dell’Ashura, il giorno in cui si commemora il martirio dell’Imam Ali, nipote del Profeta Maometto, uccidendo almeno 14 persone e ferendone altre 26, prima di venire poi uccisi. Il governo afghano aveva giorni fa vietato manifestazioni pubbliche in occasione dell’Ashura, visti i numerosi attentati realizzati in passato da gruppi fondamentalisti sunniti in Afghanistan, Pakistan e Bangladesh, che considerano gli sciiti apostati.
Ma questo non è servito a bloccare il commando di almeno tre membri che, indossando divise dell’esercito afghano, è penetrato con armi ed esplosivi nella moschea di Kart-e-Sakhi, affollata di centinaia di fedeli, dopo aver ucciso all’ingresso un uomo della sicurezza. Raffiche di armi automatiche all’interno del sepolcro dell’Imam Ali ed una esplosione hanno segnato la prima fase dell’attacco che è durato in tutto meno di due ore durante cui i militanti hanno anche preso in ostaggio alcune persone, rendendo più complessa la reazione delle “teste di cuoio” afghane. In una ricostruzione fatta con l’aiuto di testimoni, la Tv Tolo ha spiegato che dopo l’ingresso nella moschea un primo kamikaze ha attivato l’esplosivo che portava nel suo giubbotto, mentre un secondo è stato ucciso qualche tempo dopo in uno scontro a fuoco. Successivamente il portavoce del ministero dell’Interno, Siddiq Siddiqi, ha comunicato alla stampa che “anche il terzo terrorista è stato ucciso e che ora la zona è completamente libera e l’attacco è concluso”.
A questo punto le autoambulanze, che fino ad allora non avevano ricevuto l’autorizzazione per avvicinarsi alla moschea, hanno potuto prendersi cura dei feriti che sono stati trasportati negli ospedali della zona. In serata l’attentato non era stato rivendicato, ma sulla base dell’esperienza passata è possibile che dietro questa azione ci sia la mano dell’Isis, resosi responsabile con suoi kamikaze di un massacro di 81 persone lo scorso 23 luglio sulla piazza Deh Mazang della capitale afghana. Qui un folto gruppo di persone, per lo piu’ sciite, manifestava per chiedere al governo di non modificare il tracciato di un progetto di linea di distribuzione dell’energia elettrica che passava nella provincia di Bamyan, quando è stato investito da una serie di letali esplosioni.