Tre uomini armati a bordo di motociclette hanno ucciso a Kandahar City, capoluogo della omonima provincia meridionale dell’Afghanistan, cinque donne dipendenti dell’aeroporto internazionale cittadino. Le vittime si stavano recando al lavoro quando i 3 miliziani, ancora non identificati, hanno aperto il fuoco sul mezzo di trasporto uccidendo sia le occupanti sia l’autista del veicolo su cui viaggiavano. Gli aggressori sono riusciti a dileguarsi prima dell’arrivo della polizia. Al momento non c’è stata alcuna rivendicazione dell’attacco, attribuito dalle autorità e dalle forze dell’ordine ai militanti talebani.
La mattanza è stata confermata dal portavoce del governo provinciale di Kandahar, Samim Khpolwak che ha detto: “Tutte le donne e l’autista che erano a bordo del pulmino sono stati uccisi. Gli aggressori sono fuggiti, abbiamo aperto un’inchiesta”. Secondo l’agenzia di stampa Pajhwok, le vittime erano 5 dipendenti di una compagnia privata che avevano il ruolo di effettuare le ispezioni di sicurezza sui bagagli e sulle passeggere donne presso il Kandahar International Airport.
Nella Repubblica Islamica dell’Afghanistan l’occupazione femminile è quasi inesistente. Ciò accade specialmente nella parte meridionale, zona rurale molto conservatrice: qui, gruppi di insorti si oppongono apertamente al lavoro femminile, specialmente se fatto nella sfera pubblica. Le vittime odierne avevano già denunciato alla Polizia di aver ricevuto in passato minacce da parte di sconosciuti che non approvavano il loro lavoro.
Kandahar, capitale del regime talebano dal 1996 al 2001, non registra alti livelli di violenza da anni, benché resti una provincia instabile a causa del gran numero di milizie dispiegate sul territorio. Ma l’ufficio della Procura generale afgana ha recentemente denunciato l’escalation di abusi e femminicidi nel Paese: solo nei primi otto mesi del 2016, infatti, sono già stati registrati 3.700 casi di violenze contro le donne.
L’attuale presidente in carica dell’Afghanistan è Ashraf Ghani Ahmadzai, politico, economista e antropologo afghano (nonché ex rettore dell’Università di Kabul); l’uomo più volte si è scagliato contro tutti i tipi di estremismo islamico. Lo scorso 21 novembre, in seguito all’attacco suicida di un miliziano dell’Isis davanti a una moschea sciita di Kabul – che provocò la morte di 27 persone – il presidente definì la strage “un crimine di guerra e un atto contro l’islam e l’umanità”.