Forse è andato addirittura meglio del previsto il summit europeo che doveva decidere il destino della Brexit: al termine del consiglio, infatti, è stato stabilito che l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea potrà essere prorogata di sei mesi, fino al 31 ottobre, data peraltro piuttosto simbolica per il Regno Unito poiché cade nella notte di Halloween. Scoppia senza danni, dunque, la bolla del No deal con tutte le sue incognite che, in caso di mancata intesa dei 27 (occorreva l'unanimità) sarebbe scattato automaticamente. Tutto abbastanza rapido a ben vedere: riunione alle 18 di ieri, presummit fra il premier del Belgio Charles Michel e altri leader (Merkel e Macron in primis), poi via alla riunione vera e propria, con voto arrivato dopo un'ora e mezza di discussione al termine del dibattimento e accettazione da parte della premier britannica dopo un rapido consulto.
La mission
Ora la questione è semplice: May dovrà trovare un accordo con il suo Parlamento entro il 31 del prossimo ottobre, data ultima per consegnare un dossier che stia bene non tanto all'Ue (andava già bene il precedente) quanto a tutta la restante parte della politica anglosassone. In sostanza, la premier dovrà mettere d'accordo tutti e, per farlo, sta già da alcuni giorni incontrando Jeremy Corbyn, affinché seppellisca l'ascia di guerra e si decida a collaborare per stipulare un accordo congiunto nell'interesse dei britannici. Tutto in sei mesi, quando in oltre due anni non ci si è riusciti. La missione appare dura ma May resta ottimista: qualora l'accordo dovesse essere trovato prima, infatti, il Regno Unito uscirebbe a sua volta prima dall'Unione europea.
Compromesso
Una decisione non facile quella dei 27, chiamati a decidere se concedere il 30 giugno come proroga (questa era la richiesta di May) o se addirittura rimandare tutto al 2020 (come sosteneva anche l'Italia). Tutto si è giocato sul piano delle europee e sul ruolo ambiguo che il Regno Unito avrebbe ottenuto con un rinvio a due mesi (oltre che sui rischi connessi a un rinvio così a breve), con in particolare il presidente francese Macron a farsi promotore della linea del 31 ottobre, arrivata come una sorta di compromesso nel compromesso vista la condizione di membro-non membro rivestita da Londra. La partita ora riguarderà poco Bruxelles: preso atto del rinvio, la palla passa a Westminster, dove May ha perso popolarità ma dovrà lo stesso fare tutto e farlo bene.