La dittatura del terrore e della violenza imposta dallo Stato Islamico è ogni giorno più estrema. L’ultimo orrore perpetrato dagli uomini di al Baghdadi arriva da Kobane, la città simbolo della resistenza all’Isis dove i jihadisti hanno decapitato alcuni civili per poi imbottirli di esplosivi e usarli come bombe, un chiaro segno di minaccia verso una città che cerca di riconquistare la sua quotidianità.
Secondo quanto denunciato dal rapporto di Handicap International (HI), i corpi decapitati sono stati riempiti con 20 chilogrammi di cariche esplosive e più di 500 cuscinetti a sfera in acciaio, pronti a saltare in aria al primo contatto. Il caso rappresenta una vera sfida per gli esperti che si occupano di mettere in sicurezza la città affinché gli abitanti possano rientrare al completo nelle loro case. Solo nel trimestre gennaio-febbraio sono state 66 le persone uccise in 45 esplosioni a Kobane.
Frederick Maio, che gestisce le operazioni di sminamento di HI, spiega all’agenzia dell’Onu Irin che è difficile stimare quanti cadaveri bomba ci siano in quanto alcuni sono stati deliberatamente sepolti tra le macerie. “Quello che dobbiamo fare e quello che la popolazione ha accettato è trattare ogni corpo come sospetto – ha detto -. Anche se non sono una trappola esplosiva, ci sono stati così tanti incidenti che ora vengono toccati molto raramente. Quello da fare quanto prima – aggiunge – è privilegiare la rimozione delle mine nelle zone residenziali, per permettere alla popolazione di riprendere le proprie attività.