Nel 2019 i miliardari della Lista Forbes (solo 2.153 individui) possedevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, vale a dire circa il 60% della popolazione mondiale. Lo rileva puntualmente ogni anno Oxfam alla vigilia del meeting annuale del World economic Forum a Davos dove si incontreranno a giorni gli uomini più ricchi o più potenti del pianeta. L’Oxford Committee for Famine Relief (il nome esteso in inglese di Oxfam) è una confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale attraverso aiuti umanitari e progetti di sviluppo. Ne fanno parte 18 organizzazioni di Paesi diversi che collaborano con quasi 3.000 partner locali in oltre 90 Nazioni del mondo per individuare soluzioni durature alla povertà e all’ingiustizia.
Il rapporto
Nel report ‘Time to care – Aver cura di noi’ che pubblichiamo oggi, alla vigilia del meeting annuale del World Economic Forum di Davos – scrive Oxfam in una nota di presentazione – evidenziamo un fenomeno che mette a repentaglio i progressi nella lotta alla povertà, mina la coesione e la mobilità sociale, alimenta un profondo senso di ingiustizia e insicurezza, genera rancore e aumenta in molti contesti nazionali l’appeal di proposte politiche populiste o estremiste. Il rapporto è la storia di due estremi, scrive ancora Oxfam. Dei pochi che vedono le proprie fortune e il potere economico consolidarsi, e dei milioni di persone che non vedono adeguatamente ricompensati i propri sforzi e non beneficiano della crescita che da tempo è tutto fuorché inclusiva. Abbiamo voluto rimettere al centro la dignità del lavoro, poco tutelato e scarsamente retribuito, frammentato o persino non riconosciuto né contabilizzato, come quello di cura, per ridarle il giusto valore”. Se le distanze tra i livelli medi di ricchezza dei Paesi si assottigliano, la disuguaglianza di ricchezza cresce in molti Paesi. In Italia, il 10% più ricco possedeva oltre 6 volte la ricchezza del 50% più povero dei nostri connazionali. Una quota cresciuta in 20 anni del 7,6% a fronte di una riduzione del 36,6% di quella della metà più povera degli italiani. L’anno scorso inoltre, la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani superava quanto detenuto dal 70% più povero, sotto il profilo patrimoniale. In un mondo in cui il 46% di persone vive con meno di 5.50$ al giorno, restano forti le disparità nella distribuzione dei redditi, soprattutto per chi svolge un lavoro. Con un reddito medio da lavoro pari a 22$ al mese nel 2017, un lavoratore collocato nel 10% con retribuzioni più basse, avrebbe dovuto lavorare quasi tre secoli e mezzo per raggiungere la retribuzione annuale media di un lavoratore del top-10% globale. In Italia, la quota del reddito da lavoro del 10% dei lavoratori con retribuzioni più elevate (pari a quasi il 30% del reddito da lavoro totale) superava complessivamente quella della metà dei lavoratori italiani con retribuzioni più basse (25,82%). Il patrimonio delle 22 persone più facoltose del mondo – si legge ancora nel rapporto – era superiore alla ricchezza di tutte le donne africane messe insieme, vale a dire di oltre 600 milioni di persone.
Il lavoro di cura
Il grande divario tra ricchi e poveri, si legge nel rapporto, “è il risultato di un sistema economico iniquo che valorizza la ricchezza di pochi privilegiati – soprattutto uomini – più dei miliardi di ore del lavoro più essenziale, ossia il lavoro di cura non retribuito e sottopagato che in tutto il mondo è svolto principalmente da donne e ragazze. Prendersi cura degli altri, cucinare, pulire e andare a prendere acqua e legna da ardere sono compiti quotidiani essenziali per il benessere delle società, delle comunità e per il funzionamento dell’economia. La pesante responsabilità del lavoro di assistenza e la sua iniqua ripartizione perpetuano le disuguaglianze di genere e quelle economiche. Questo stato di cose deve cambiare. I governi di tutto il mondo devono agire subito per costruire un’economia umana che riconosca il ruolo delle donne e valorizzi ciò che conta veramente per la società, anziché alimentare l’eterno perseguimento di profitto e di ricchezza. I primi e cruciali provvedimenti da adottare consistono in investimenti nei sistemi nazionali di assistenza per far fronte alla disproporzione di responsabilità che grava su donne e ragazze, nel rafforzamento della progressività dei sistemi fiscali estesa alla tassazione della ricchezza e dei redditi che ne derivano e in norme legislative a favore di chi presta lavoro di cura“.
Wef 2020: “Capitalismo e liberismo politico”
Il Forum economico mondiale è una fondazione senza fini di lucro con sede a Cologny, vicino a Ginevra, in Svizzera, nata nel 1971 per iniziativa dell’economista ed accademico Klaus Schwab. La fondazione organizza ogni inverno, presso la cittadina sciistica di Davos in Svizzera, un incontro tra esponenti di primo piano della politica e dell’economia internazionale con intellettuali e giornalisti selezionati, per discutere delle questioni più urgenti che il mondo si trova ad affrontare, anche in materia di salute e di ambiente. Il summit quest’anno si concentrà sul “Capitalismo e liberismo politico”, rivendicazioni storiche che oggi non godono più di ottima salute. Rivolte sociali, movimenti populisti e l’azione estera fanno tremare la società. Il tema principale del WEF 2020 sarà lo “Stakeholders for a Cohesive and Sustainable World”, il capitalismo responsabile e sociale che tiene conto degli azionisti ma anche di dipendenti e dei territori. Il programma di quest’anno punta a raggiungere il massimo obiettivo per la collaborazione pubblico-privato in sei principali aree di attività: ecologia, economia, società, industria, tecnologia e geopolitica. Tra le iniziative che saranno lanciate a Davos ci sarà quella che punta a piantare mille miliardi di piante nel prossimo decennio e di fornire a un miliardo di persone le competenze necessarie per la Quarta Rivoluzione Industriale.