Anche Cremona ha avuto il suo Leonardo: Janello Torriani. Semisconosciuto ai giorni d’oggi, riuscì ad ammaliare i due più potenti sovrani del suo tempo, Carlo V e Filippo II di Spagna. Al suo ingegno è dedicata la mostra “Janello Torriani, Genio del Rinascimento” che si svolgerà sino al 29 gennaio 2017 nel Museo del Violino di Cremona. La retrospettiva è curata dal ricercatore Cristiano Zanetti e da Cinzia Galli, Conservatrice del Museo di Storia Naturale del Comune di Cremona.
A differenza di Leonardo, Janello Torriani non sapeva dipingere, era uomo rozzo e tutt’altro che nobile, eppure le sue grosse mani da fabbro sapevano creare meraviglie che tutta l’Europa ambiva: meccanismi sofisticatissimi, gestiti da combinazioni meccaniche elaborate che a noi oggi sono garantite dalla tecnologia più avanzata.
Dalla sua mente e dalle sue mani uscivano orologi perfetti, nelle loro decine di funzioni, e bellissimi. Meravigliosi automi che suscitavano l’ammirazione e lo stupore delle Corti. Fu lui a elaborare le applicazioni della sospensione cardanica tutt’ora di uso quotidiano, ma che prese il nome da un altro, il Cardano appunto. La fama di Torriani lo portò persino a partecipare alla riforma gregoriana del calendario: nessuno come lui conosceva la perfezione del tempo.
Quando Torriani sia nato nessuno lo può dire con certezza, si suppone verso il 1500. La leggenda racconta l’evento che si verificò nel preciso istante in cui Janello veniva alla luce: un fulmine squarciò il cielo per scaricarsi sull’orologio del Torrazzo. Come a presagire che quel neonato sarebbe stato indissolubilmente collegato al funzionamento degli orologi.
A quel tempo era mitico l’Astrario di Giovanni Dondi, ma il Torriani, su commissione di Carlo V, costruì il più complesso orologio planetario della storia, mosso da circa 1.800 componenti meccaniche, chiamato ‘Microcosmo’. Non a caso fu lui a inventare la prima fresatrice per la costruzione delle ruote dentate. L’impresa richiese più di vent’anni per la progettazione e tre per la costruzione.
Il cremonese non si tirava indietro davanti a nessuna sfida, neppure a ciò che pareva a tutti impossibile, come il sollevare le acque del Tago sino alla sommità dell’Alcazar di Toledo. Costruì infatti per il Re di Spagna la prima macchina ciclopica della storia che elevava acqua per cento metri di altezza, quasi come il Torrazzo di Cremona, portando 18mila litri di acqua al giorno al castello reale lungo un percorso di 300 metri.