Per tentare di “distillare una teologia dallāannuncio”, vale a dire per elaborare una riflessione critica sul “dirsi di Dio”, facendola perĆ² derivare coerentemente dallo stesso “intreccio della Parola della Vita con la parola del mondo”, per dirla con le parole di Michel Henry, subito citato a p. 8: ĆØ finalizzato a questo obiettivo il libro Le vergini annunciate, di Massimo Naro, edito nella Collana āSguardiā curata da Pier Luigi Cabri e Roberto Alessandrini per le Edizioni Dehoniane di Bologna.
Gli spunti di riflessioni teologici delle due Annunciate
In questa prospettiva lāautore, che insegna teologia sistematica a Palermo, sviluppa la sua ricerca di taglio trans-disciplinare prendendo le mosse dalla “teologia dipinta” di Antonello da Messina, giacchĆ© il titolo dellāopera proprio al grande pittore siciliano rimanda.
Le due Annunciate antonelliane, la prima del 1473, oggi esposta presso le Bayerische StaatsgemƤldesammlungen di Monaco, e la seconda del 1476, attualmente custodita presso la Galleria Regionale di Palazzo Abatellis a Palermo (cittĆ capitale della Cultura per il 2018), costituiscono infatti il punto di partenza per elaborare spunti di riflessione teologica in dialogo con lāarte, intrecciando cultura e spiritualitĆ .
Nellāepoca del primato del vedere, il recupero di opere del passato con valori altamente spirituali, ma non per questo astratte, anzi fortemente concrete e incarnate, puĆ² servire ad educare le giovani generazioni a riequilibrare il rapporto tra immagine e parola, ascolto e visione. Lāarte cristiana conosce opere in cui il vedere richiama lāascolto, dove anzi non ĆØ possibile vedere e contemplare ārealmenteā, se prima non ci si ĆØ posti in ascolto.
Un’arte che trasmette un contenuto oggettivo
Esse invitano a una graduale e progressiva conversione del soggetto allāoggetto, se questāultimo, sia che si tratti di unāopera scritta, come ricorda il padre gesuita Bernard Lonergan, o di un dipinto, come nel nostro caso, possiede i crismi dellāautenticitĆ . Se questo ĆØ vero per Antonello da Messina, di fronte al quale sta una pagina del Vangelo di San Luca, abbrivio del volume di Naro, lettura e ascolto che ha certamente segnato il percorso di conversione dellāartista che avrĆ potuto gradualmente rifondare la propria tensione verso il vero, il buono e il giusto, ciĆ² potrĆ avvenire anche per quanti si accostano alle sue opere, nelle quali lāattenzione spontanea e naturale ĆØ tutta focalizzata sullāoggetto rappresentato. Servizio di unāarte che riesce a trasmettere un contenuto oggettivo a differenza di molte opere attuali che paiono rimandare alla ricerca e al cammino del singolo artista, spesso autoreferenziale, e si distinguono per una piĆ¹ debole indole comunicativa.
Giustamente lo psichiatra e psicanalista Massimo Recalcati afferma che non ĆØ la biografia dellāartista che spiega lāopera, e quindi puĆ² ragionevolmente esistere un inconscio dellāopera che la anima; ma certamente unāesperienza radicale come la conversione religiosa puĆ² incidere, fermo restando che, una volta fatta, rimane lāautonomia dellāopera rispetto alla biografia dellāautore.
Forse anche per questo le Annunciate di Antonello, come spiega bene Naro, non smettono di interrogare da oltre cinquecento anni generazioni intere, sollevando molteplici domande (che cosa ĆØ notizia? quali sono le reazioni e gli effetti dellāannuncio?) che con un esercizio colto e raffinato, elegante e con il gusto del bello, il teologo siciliano riesce a rilanciare. Per Naro infatti quella tratteggiata da Antonello nelle due Annunciate ĆØ “unāesegesi figurale” e “progressiva”.
L’evangelica sobrietĆ ed essenzialitĆ
Naro osserva la scomparsa nelle due opere di tutta la simbologia classica del genere pittorico Annunciazione a favore di unāevangelica sobrietĆ ed essenzialitĆ che ne qualificano ulteriormente il valore. CāĆØ in primo piano assoluto il volto della Madonna che āparlaā pur restando in silenzio. PuĆ² farlo perchĆ© ha dinanzi a sĆ© il libro aperto delle Scritture. Una valenza, presente in entrambi i dipinti, che Naro interpreta mirabilmente, osservando che “ĆØ nelle Scritture che risuona effettivamente lāannuncio”, quindi “piĆ¹ che lāinvisibile messaggero, sono le Scritture a portare lāannuncio, anche se ā come lāangelo agli occhi di chi guarda i dipinti di Antonello ā pure le Scritture rischiano di restare invisibili agli occhi di chi, per generazioni, le ha meditate senza giungere a interpretarne appieno il senso salvifico e la portata evangelica”.
Maria “uditrice della Parola”
Maria si ĆØ fatta cioĆØ “uditrice della Parola”, ha interpretato le Scritture, e il suo sguardo “va oltre il libro”, poichĆ© “la Parola ĆØ ormai tutta nella luce dei suoi occhi: la vergine lāha finalmente interiorizzata”. Se diversi annunci presenti nella Scrittura, spiega ancora Naro, sono stati interpretati dagli artisti a partire dalle reazioni visibili nei destinatari, nelle due Annunciate di Antonello invece si esprimono visivamente gli effetti dellāannuncio, la coscienza di Maria “si appresta a lasciarsi trasformare in interioritĆ ”. Effetti che potenzialmente si trasferiscono dal quadro a chi lo osserva. E proprio in questo passaggio lāopera diviene āluogo teologicoā, risvegliando lāurgenza di tornare a riflettere sul rapporto tra mistero e paradosso.
L’annuncio ĆØ un fatto piĆ¹ che un’idea
In particolar modo lāAnnunciata di Palermo, secondo Naro, ĆØ colta da Antonello sul crinale tra fiducia e paura, per questo il teologo la definisce “timorosa e timorata”. Compresenza che invoca un criterio di discernimento che per lo studioso ĆØ “in definitiva quello suggerito dalla stessa rivelazione: ‘Una cosa ha detto Dio, due ne ho udite’“. Felice intuizione che i teologi biblici amano legare al passaggio tra Parola esteriore e Parola interiore e che Naro, richiamando la riflessione di Romano Guardini sul termine Ehrfurcht, “composto da paura (Furcht) e onore (Ehre)”, traduce con “rispetto”, cioĆØ come lo “spazio spirituale che ci distingue da lui senza distanziarcene”, “lo spazio dellāadorazione vissuta non come pia pratica ma come esercizio teologico”.
Il libro lascia giustamente intendere che “lāannuncio ĆØ un fatto piĆ¹ che unāidea”, realtĆ che per il teologo sostiene una teologia dallāannuncio, ricavata dal “dirsi-darsi di Dio”, che “proprio in quanto divinamente compiuto, esige dāessere ribadito e anzi incrementato”.
“PerciĆ² il giĆ fatto non ĆØ altro che lāanticipazione di qualcosa che di nuovo dovrĆ compiersi e non semplicemente a moā di ripetizione ma con un sovrappiĆ¹ di senso e di efficacia“. Ecco lāestendersi dellāannuncio in una teologia che ricava da esso i criteri epistemologici del pensare alla luce del Vangelo, del dialogare con tutti e del decifrare la Parola della Vita nella parola del mondo.