Categories: Cultura

UN DRONE RIPORTA ALLA LUCE I RESTI DELL’ANTICA TERGESTE

Logo Interris - UN DRONE RIPORTA ALLA LUCE I RESTI DELL'ANTICA TERGESTE

Logo INTERRIS in sostituzione per l'articolo: UN DRONE RIPORTA ALLA LUCE I RESTI DELL'ANTICA TERGESTE

“Contribuiamo a far luce sull’origine di Tergeste, il cui nucleo originario, come ipotizzato da altri ricercatori, non andrebbe collocato nel centro della moderna Trieste, ma proprio nel sito del grande campo costruito dai romani per piegare la resistenza degli Istri“, dice l’archeologo Federico Bernardini, capo del team interdisciplinare del Centro internazionale di fisica teorica Abdus Salam, dell’Università di Trieste e del Centro di studi Enrico Fermi di Roma. “Nel cuore della Trieste moderna non sono mai stati rinvenuti significativi reperti romani risalenti al II secolo a. C., ma solo i resti della colonia fondata alla metà del I secolo a.C., per questo, sulla base anche di altre considerazioni, già altri studiosi hanno ipotizzato che la prima Tergeste si trovasse altrove”. “Le indagini sono state condotte combinando tecniche geofisiche e di telerilevamento (Lidar), che consentono di creare mappe tridimensionali anche in zone coperte da fitta vegetazione e visualizzare le strutture che affiorano in superficie”, illustra Bernardini.

L’antica Tergeste era un accampamento romano affiancato da due fortificazioni minori e probabilmente costruito nel 178a.C. “E’ la prima fortificazione romana mai vista in Italia” ha detto all’ANSA Bernardini, “uno dei primi esempi di fortificazioni romane, da cui si sono sviluppate numerose città moderne lungo il Mediterraneo. Gran parte dei resti affiorano sulla superficie e appaiono come dossi coperti da vegetazione”, ha spiegato il ricercatore. “Se è stato possibile riuscire a vedere l’antica Tergeste così in dettaglio il merito è della bora che ha permesso la sua conservazione” ha specificato. Nell’area in cui sorgeva la fortificazione, infatti, il vento “è così intenso da aver impedito sia la coltivazione sia l’edificazione, tanto che il terreno nei secoli è stato adibito solo ai pascoli”.
Grazie alla bora quindi è stato possibile individuare le strutture sepolte: il campo principale, chiamato San Rocco, e i forti più piccoli: Grociana piccola e Montedoro. Il primo si estende su 13 ettari, un’area che equivale a 13 campi da calcio, ed aveva una posizione strategica nei pressi della baia di Muggia, un porto naturale protetto. Probabilmente era stato costruito durante uno dei conflitti con gli Istri, fra il 178 e il 177a.C. La datazione dei resti è stata possibile grazie ai frammenti di anfore scoperti nella zona: il loro stile greco-italico ed i minerali vulcanici con i quali sono state fabbricate nel Lazio e Campania ne fanno risalire l’origine al periodo compreso tra la fine del III e l’inizio del II secolo a.C.

adminweb: