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“Silence”: tra fede e tormento, il nuovo film di Martin Scorsese arriva nelle sale italiane

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Era senza dubbio fra le pellicole più attese del nuovo anno: il 12 gennaio è uscito, nelle sale cinematografiche italiane, “Silence”, il nuovo film di Martin Scorsese, ambientato nel Giappone del ‘600, quello degli shogun e dei missionari gesuiti, che qui divennero martiri. Una storia raccontata con la consueta sapienza dal regista statunitense, il quale, in realtà, ha iniziato a concepire l’opera già nel 1988. All’epoca, era in fase di uscita una delle sue pellicole più note, “L’ultima tentazione di Cristo”, ma l’idea di portare sullo schermo il dramma dei padri missionari attraverso un’opera complessa e dettagliata, era già ben radicata nella mente di Scorsese. Un’idea, però, che ha impiegato ben 29 anni per sbocciare definitivamente: un tempo forse necessario, però, per potersi presentare al pubblico nella sua totale interezza, con quella cura del dettaglio (dai costumi alla scelta degli interpreti) che ha sempre caratterizzato la sua filmografia.

La trama racconta il drammatico viaggio intrapreso, nell’arcipelago giapponese, da due sacerdoti gesuiti portoghesi, partiti con l’intento di cercare il loro mentore, ma con la convinzione spirituale di radicare la fede cristiana fra la popolazione locale. L’inconsapevolezza riguardo la dura politica applicata dal dittatore militare dell’Impero, però, sarà una terribile prova da affrontare, la quale richiederà la difficile scelta tra la rinuncia alla propria fede e il martirio.

La politica giapponese dell’epoca era chiara: chiunque praticasse o diffondesse la religione cristiana diveniva automaticamente avverso, pericoloso. Da sopprimere. Ed era proprio quanto accadeva: una repressione dura, violenta, riportata sul grande schermo attraverso visioni a metà tra la dimensione reale e quella onirica. Così, in questo contesto di tormento, c’è chi muore per la propria fede e c’è chi vi rinuncia. Ma sussiste anche la concreta ricerca di Dio, forse la componente più decisiva. La forza della preghiera è potente, ma altrettanto lo è la fragilità umana al cospetto delle avversità, in questo caso con la violenza dell’azione repressiva. E allora, ecco la riflessione: come e quanto la volontà di perseguire la propria fede, può contrastare il desiderio di continuare la propria vita? Qui si inserisce la disperata ricerca di un aiuto, la speranza di un segno, di una voce che distrugga il silenzio aleggiante, reale e interiore.

Un banco di prova decisamente difficile quello affrontato da Scorsese, il quale non è comunque nuovo a sfide “storiche” di tale portata. Il suo grande talento nella scelta degli interpreti, a ogni modo, rappresenta un’assoluta garanzia: già largamente acclamata, infatti, è stata la performance di Andrew Garfield nel ruolo del protagonista, così come quella di Adam Driver, co-protagonista. A completare il quadro attoriale, la presenza di Liam Neeson, nel ruolo del gesuita padre Cristovao Ferreira.

 

 

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