Sette anni di cantiere, due anni e mezzo di lavoro per la struttura e quattro per le statue, una spesa di un milione e 600 mila euro per la parte architettonica e di circa 700 mila per le 140 sculture, oltre 80 professionisti impegnati. Sono alcune delle cifre del restauro del Braccio Nuovo dei Musei Vaticani che il 22 dicembre riaprirà al pubblico restituito in tutto il suo splendore. L’evento è stato presentato nel corso di una conferenza stampa dal direttore dei Musei, il prof. Antonio Paolucci, attorniato dai principali collaboratori. Il restauro delle sculture è stato diretto dal Reparto Antichità Greche e Romane, curato da Giandomenico Spinola con Claudia Valeri ed Eleonora Ferrazza, mentre il restauro architettonico è stato diretto da Micol Forti, curatore del Reparto per l’Arte dei secoli XIX-XX. I restauri sono stati coordinati dal Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei curato da Guy Devreux. La parte architettonica è stata interamente finanziata con fondi propri dal Governatorato vaticano mentre quella scultorea è stata sponsorizzata dai Patrons of the Arts in the Vatican Museums.
Il Braccio Nuovo viene realizzato in soli sei anni tra il 1816 e il 1822, voluto da Pio VII Chiaramonti dopo l’esilio in Francia con lo scopo di ospitare la magnifica raccolta di sculture classiche, formatasi grazie alla lungimirante politica di acquisizioni sostenuta dai pontefici. Se ne occupano Raffaele Stern, architetto dei Sacri Palazzi Apostolici, e lo scultore Antonio Canova, artefice del recupero delle opere vaticane trafugate da Napoleone. “Serviva un contesto neoclassico – ha spiegato Paolucci – ed è il capolavoro del grande Canova nel suo ultimo anno di vita. Il restauro ce lo ha restituito nel suo stupore armonioso e soprattutto ci ha fatto capire il trionfo del colore: i mosaici bianchi e neri provenienti dalle ville di Tormarancia con le storie di Ulisse, le colonne di marmo nero e verde e quelle rosse che si trovano entrando dalla Galleria di Pio VII, il granito picchiettato di nero delle nicchie (in precedenza uniformemente beige, ndr). E ancora la novità dei 12 lucernari che riflettono la luce zenitale sul pavimento e leggermente obliqua sulle statue. Canova in questa realizzazione torna alla civiltà del colore veneziano in cui era nato. I suoi contemporanei dicevano che donava alle sue statue il tepore della vita: era il colore della vita”.
Paolucci, nel ringraziare i suoi collaboratori “per la delicatezza con cui hanno lavorato”, ha detto che considera “e in effetti lo è, l’atto conclusivo del mio servizio novennale ai Musei . Sono orgoglioso di un risultato che ha restituito il Braccio Nuovo al meglio possibile della leggibilità”. Paolucci, infatti, alla fine dell’anno lascerà la direzione a Barbara Jatta. La presentazione è stata l’occasione per rivolgergli alcune domande.
Prima di tutto, Papa Francesco è mai venuto a visitare i Musei?
“No – è la risposta secca – ma ha sicuramente altri impegni più importanti…”.
E le dispiace?
“Sì”.
Al contrario di Benedetto XVI.
“Ratzinger, il professor Ratzinger, conosceva la storia dell’arte meglio di me, aveva letto tutti i libri, aveva visitato tutti i musei… Mi aspetto sempre che arrivi un Papa come Clemente VII Medici. Arriverà, prima o poi…”.
Qual è la cosa di cui va più orgoglioso in questi nove anni?
“Forse l’aver dato nuovo respiro e nuova luce alla Cappella Sistina. Non so se ricordate la presentazione che abbiamo fatto nel 2014. E’ stata una cosa che basta da sola a riempire una carriera. A fare felice un professionista e questo è stato per me quella sera di ottobre del 2014”.
A chi le succederà cosa potrebbe suggerire?
“Ma con chi mi subentrerà siamo amici da una vita, ci siamo parlati di tutto e a lungo, quindi non ha bisogno di altro. Non dubito che continuerà sul mio tracciato. Sono fortunati loro – dice abbracciando Micol Forti – che avranno una direttrice di qualità”.
Per la prima volta una donna come direttrice dei Musei. Un segno del cambiamento dei tempi?
“Eh sì: vuol dir qualcosa…”.
Proprio Micol Forti racconta altri particolari del restauro: “Bisogna pensare che quando fu realizzato il Braccio Nuovo lo Stato Pontificio si trovava in ristrettezze economiche: per scavare le fondamenta furono impiegati i galeotti di Castel S. Angelo. Perciò per le decorazioni furono usati materiali in stucco ancorato alla superficie. Noi abbiamo staccato ognuno degli oltre mille rosoni, ogni singola mensola, ogni cornice, ogni foglia d’acanto e li abbiamo puliti, rifatti in caso di rottura e ancorati di nuovo non solo con i perni originali ma anche con un sistema innovativo. Ogni rosone ha un fissaggio extra in quattro punti aggiuntivi, con perni in resina. E’ una nuova tecnologia che abbiamo messo a punto noi, con diversi tentativi e prove di carico. I busti sulle mensole, inoltre, sono stati bloccati con altri perni che li ancorano alla base mettendoli in sicurezza”.
Finito un progetto si pensa subito a un altro: cosa avete in cantiere?
“Abbiamo un altro grande capitolo dell’Ottocento vaticano che purtroppo non è frequentabile dal pubblico e cioè le pitture della Terza Loggia, nelle stanze che confinano con l’appartamento pontificio, volute da Pio IX, dove si raccontano le vicende del pontefice, pitture molto belle. Purtroppo non sono visibili ma sarà un grandissimo cantiere che chiuderà il ciclo dei cantieri ottocenteschi: abbiamo appena riaperto la Galleria dei candelabri, rifatto la Sala dell’Immacolata Concezione, la Galleria degli indirizzi che sono tutti capitoli di pittura ottocentesca”.
Avete già cominciato?
“No, abbiamo fatto il progetto e cominceremo spero a breve, sfruttando anche il fatto che il S. Padre non risiede nell’appartamento del Palazzo Apostolico e quindi la zona è più facilmente transitabile”. Fondamentali, per la riuscita del restauro, da una parte il lavoro di squadra, dall’altra la ricerca d’archivio “per decifrare 140 opere con una storia complessa” ha spiegato Spinola, e dalla provenienza più disparata.