Il modello era semplice: notizie di cronaca nera sbattute in prima pagina, molto sport, il listino pomeridiano della Borsa, ruubriche di cinema e di spettacoli, il “borsino” dei prezzi dei mercati rionali.”Ultima edizione. Storie nere dagli archivi de La Notte” raccoglie le foto inedite del quotidiano milanese La Notte, in edicola del 1952 al 1995 e nasce come progetto di ricerca nel 2017, per uscire in libreria con le Edizioni Milieu (350 pagine, euro 39) su progetto grafico del designer Beppe Del Greco a cura di Salvatore Garzillo, Alan Maglio e Luca Matarazzo. Con il sostegno di archivisti e altri collaboratori, l'indagine attraversa diversi fondi di conservazione che riguardano il quotidiano milanese.
Il pannello dei fondatori
Gli autori del volume hanno studiato la produzione fotografica direttamente dai negativi realizzati dai fotoreporter della Notte. La suddivisione del materiale in categorie quali “Aggressioni e ferimenti”, “Rapine”, “Prostituzione”, “Droga”, “Incidenti”, “Reati Vari” ricalca quella creata dai fotografi di redazione dello storico quotidiano. “Dagli ascensori si entrava e si usciva sempre di corsa in faccia alle assordanti telescriventi e al grande pannello disegnato da Tinin Mantegazza dove tutti i “fondatori” erano stati giocosamente raffigurati. Negli anni mutavano i nomi ma la cronaca non cambiava- rievoca Michelangelo Bellinetti-. Nel 1952 La Notte, quotidiano del pomeriggio cominciò a misurarsi con il Corriere d’Informazione e con il Corriere Lombardo. Nelle intenzioni dei finanziatori, non doveva avere vita lunga. La sua esistenza era stata calibrata sull’onda delle strategie elettorali: una volta chiuse le urne, il giornale avrebbe potuto chiudere tranquillamente. Ma le cose non andarono così. Incominciò, invece, una storia destinata a segnare profondamente il giornalismo milanese e non soltanto quello milanese“.La Notte, infatti, ebbe vita lunga, spenta soltanto dall’avvento della grande informazione televisiva. Ma, soprattutto, La Notte impose un nuovo modo di fare informazione: moderno, veloce, di servizio.
Le scelte di Nutrizio
“Un nuovo modo che nasceva dallo spirito con cui Nino Nutrizio, il direttore, caratterizzò fin dall’esordio il rapporto con i lettori, con l’opinione pubblica- spiega Bellinetti-. La Notte partiva politicamente dichiarata: la sua collocazione era liberale-conservatrice. Tale linea avrebbe negato a qualunque giornale il successo diffusionale. Nutrizio ne era consapevole. Perciò, senza abdicare alle proprie idee, Nutrizio puntò su di una cronaca spinta, completa, ricca di particolari, di immagini fotografiche, di inchieste. Puntò poi sullo sport. Milano, capitale del calcio, doveva potersi ritrovare nell’amore per le sue grandi squadre, il Milan e l’Inter, ma anche nel tifo per i suoi campioni ciclistici, della box, della pallacanestro, della scherma, dell’ippica, del nuoto. Gli arruolamenti nelle redazioni venivano decisi da Nutrizio. Era lui che “intervistava” i giovani volontari. Era lui che stabiliva la loro sorte. Era lui che indicava la prima collocazione operativa. “In quel tempo Nutrizio aveva poco più di quarant’anni. Era nato a Traù, in Dalmazia, nel 1911. Professionalmente era cresciuto come giornalista sportivo a “Il Popolo d’Italia”, diretto da Vito Mussolini, il nipote del duce. Scoppiato il secondo conflitto, era diventato inviato di guerra a bordo del Pola– racconta Bellinetti- Un imbarco sfortunato perché a Capo Matapan l’incrociatore fu colpito e affondato. Lui venne raccolto da un’unità inglese e finì prigioniero in India da dove rientrò nel 1946. Nei primi tempi si guadagnò da vivere facendo il dirigente dell’Inter. Poi ritornò al giornalismo, divenendo caposervizio sportivo al Corriere Lombardo. Era stato là che l'industriale bergamasco Carlo Pesenti e monsignor Ernesto Pisoni lo avevano incontrato e gli avevano offerto la direzione di quella nuova avventura chiamata La Notte“. Il giornale partì contando su alcuni professionisti di lungo corso come Marco Moncalvi, Eugenio Ferdinando Palmieri, Marcello Morabito, Aldo Zerbi e qualche altro. Poi partì contando su di un gruppo di giovani, galvanizzati dall’idea di giocare una partita che per molti appariva disperata.
Fucina di talenti
“Alcuni cambiarono giornale, altri cambiarono addirittura mestiere- osserva Bellinetti-. Ma molti restarono e divennero l’ossatura del giornale. Dunque, nei primi anni passarono nelle sale della cronaca (seconda porta a sinistra del corridoio), della provincia (terza porta a destra),dello sport (quarta porta a destra), degli interni-esteri (terza porta a sinistra), degli spettacoli (penultima porta a sinistra) uomini come Camillo Brambilla, Wladimiro Lisiani, Mario Bertoli, Enrico Crespi, Giulio Bergamo: quadri di un progetto la cui logica professionale poggiava essenzialmente su di una formula semplice: più idee e più fatti per un giornale destinato a crescere in un Paese in crescita“. Ognuno di costoro aveva alle spalle una propria storia ma tutti avevano una meta comune: vincere la partita che si presentava dura e difficile. “Per questi uomini ai quali non importavano né gli orari né i riposi, e che incominciavano a lavorare ogni giorno alle 6 del mattino per chiudere in tre ore e mezza la prima edizione, che poi si rimettevano al lavoro alle 10 per realizzare l’edizione Borsa delle 14 e che quindi preparavano l’ultima edizione delle 17 e che infine si rendevano a volte pure disponibili, magari fino alle 20, per le possibili “ribattute”, ebbene per questi giornalisti era sufficiente l’apprezzamento del direttore, la battuta affettuosa dei colleghi, la soddisfazione di vedere il giornale sempre più diffuso- evidenzia Bellinetti-. Accanto a loro, alla partenza, c’era pure Enzo Biagi, arrivato là seguendo uno dei suoi maestri al “Carlino” cioè E. Ferdinando Palmieri. Biagi approdò alla “Notte” come critico cinematografico ma presto se ne andò.
L'epicentro del boom
C’era anche Romolo Siena, il quale ad un certo punto preferì andare a fare la televisione anziché il giornale. E poi Arnaldo Giuliani, figlio di Sandro, e poi via via entrarono nelle sale di quel terzo piano Lino Rizzi, Pier Boselli, Natalìa Aspesi, Umberto Panin, Gigi Speroni, Guido Gerosa, Ugo Pettenghi, Gualtiero Tramballi, Morando Morandini, Onorato Orsini, Idor Gatti, Carlo Baronj, Franco Damerini, Enrico Morati, Roberto Renzi, Vittorio Reali, Paolo Carlini, Raffaele Medetti”. Milano, intanto cresceva, in quegli anni Cinquanta. Era diventata la capitale morale. Il “boom” economico l’aveva promossa al rango di meta agognata per tutti coloro che intendevano farsi, come si diceva, una posizione. Si espandeva, Milano. La città e la sua cintura periferica erano un cantiere aperto senza soluzione. Il fervore imprenditoriale dei lombardi garantiva a tutti coloro che avevano buona volontà e voglia di lavorare un avvenire meno incerto. “Milano era tornata ad essere una delle città europee più attive, maggiormente proiettate verso il futuro“, sottolinea Bellinetti. La Notte era già il giornale di tutti poiché tutti trovavano nelle sue pagine i fatti e le idee che cercavano. Anche la sinistra comperava e leggeva La Notte nonostante l’ articolo di fondo dove Nino Nutrizio quotidianamente ribadiva le sue posizioni che di sinistra certamente non erano. Ma il giornale si era arricchito di grandi servizi: dalla pagina dei cinema con l’innovazione delle palline di gradimento e delle stelline della critica alla pagina delle grane (un successo personale di Umberto Panin) alla pagina della Borsa, alla pagina della televisione, alla pagina della spesa. Tra il finire degli anni Cinquanta e i primi del Sessanta, la cronaca raggiunse livelli di presenza e di capacità che nessun quotidiano milanese aveva fino ad allora mai toccato. Il capocronista era Camillo Brambilla, vice Ugo Pettenghi, in questura c’era Carlo Baronj e poi ognuno dei cronisti aveva un proprio compito preciso.