C'è anche un po' di Italia a festeggiare sul red carpet della Croisette: il Festival di Cannes numero 71, infatti, si chiude con una dolce (ma attesa) sorpresa per il nostro Paese che si porta a casa il premio per il Migliore attore, assegnato a Marcello Fonte per Dogman di Matteo Garrone, e quello per la Miglior sceneggiatura, assegnato ex aequo a Jafar Panahi (Three Face) e ad Alice Rohrwacher, per il suo lavoro su Lazzaro felice. Un successo davvero niente male per il cinema di casa nostra, tornato a splendere alla kermesse francese dopo essere rimasto fuori dal concorso vero e proprio nel 2017, riservandosi però la soddisfazione di veder premiata Jasmine Trinca (Fortunata) come Miglior attrice nella sezione Un certain regard.
Italia regina
In un'edizione incentrata sul tema delle violenze e trainata dai volti femminili che hanno detto basta al silenzio che avvolgeva il mondo del cinema e dello spettacolo, la Palma d'oro se l'aggiudica un film come Un affare di famiglia, a firma del maestro Kore-eda Hirokazu, che la contemporaneità la sonda appieno attraverso gli occhi di un atipico nucleo familiare. Beffata in volata la libanese Nadine Labaki e il suo crudo e potente Cafarnao, comunque onorata col premio della giuria. Una Palma speciale anche all'immortale Jean-Luc Godard per il suo Le livre d'image. Ma, si diceva, è l'Italia la regina della notte: Roberto Benigni, chiamato a premiare il Miglior attore, estrae dalla busta il nome di Marcello Fonte e lo chiama sul palco come Sophia Loren fece con lui nella notte degli Oscar del 1998, parafrasando peraltro Anita Ekberg e La dolce vita con il soave “Marcello” di felliniana memoria. Fonte è emozionatissimo: “Da piccolo quando ero a casa mia e pioveva sulle lamiere, chiudevo gli occhi e mi sembrava di sentire gli applausi. Adesso è vero ed è come essere in famiglia''. Tra i vincitori, in un certo senso, c'è anche la moglie di Benigni, Nicoletta Braschi, fra gli interpreti di Lazzaro felice che è valso la Miglior sceneggiatura ad Alice Rohrwacher, accompagnata dalla sorella Alba: “Grazie a questa incredibile giuria e alla sua incredibile presidentessa (Cate Blanchett, ndr) e al festival che mi ha invitato di nuovo. Grazie ai produttori e tutti quelli che hanno reso possibile questo film e questa sceneggiatura bislacca, grazie per averla preso seriamente come i bambini prendono seriamente i giochi e grazie a Adriano, il mio Lazzaro che si è lanciato in questa avventura”.
Gli altri premi
E allora, nel Festival del #metoo e delle quinte politiche sullo sfondo, non stupisce il premio Grand Prix a Spike Lee e al suo BlacKkKlansman, incentrato sulla vera storia del poliziotto afroamericano Ron Stallworth, capace di prevenire un attentato del Ku Klux Klan (da qui le tre K del titolo) contro le Black Panther. Il premio per la migliore attrice se lo aggiudica Samal Yeslyamova per Ayka, del kazako Sergei Dvortesevoy. A premiarla, sale sul palco Asia Argento che, con il pugno alzato come Tommie Smith a Città del Messico '68, coglie l'occasione per ricordare la violenza subita dal noto produttore Weinstein, la testimonianza della quale ha avviato lo scandalo del Sexgate che ha investito l'establishment di Hollywood. Premiato anche Pavel Pawlikowski, insignito della Miglior regia per Zimna Wojna.