Paolo Poli lascia le scene, e lo fa in punta di piedi, senza quel suo inimitabile istrionismo che ha caratterizzato 60 anni del suo teatro: irriverente, ironico, a volte quasi blasfemo – la pièce “Rita da Cascia” diede vita a molte polemiche, tanto che Oscar Luigi Scalfaro fece un’interrogazione parlamentare sul caso – ma sempre elegante, connotato da una leggerezza che non è mai scivolata nella banalità o, ancor peggio, nella stupidità.
Natalia Ginzburg – scrittrice di primo piano del ‘900 italiano – diceva di lui: “Fra i suoi molteplici volti nascosti, c’è essenzialmente quello d’un soave, ben educato e diabolico genio del male: è un lupo in pelli d’agnello, e nelle sue farse sono parodiati insieme gli agnelli e i lupi, la crudeltà efferata e la casta e savia innocenza”. Ora, quell’uomo, che non ebbe paura di dichiarare la sua omosessualità in periodi bui della storia italica – venne salvato dal pestaggio di alcuni fascisti da un gruppo di femministe – sceglie di chiudersi il sipario alle spalle e, come nel suo stile, lo fa senza rimpianti.
“Sono felice di non fare nulla – rassicura Poli in una recente intervista – La vecchiaia è bella per questo, ci si raccoglie, ci si chiude nella tana, nelle proprie letture…”. Il suo ultimo lavoro, “Aquiloni” – in cui rievoca con un pizzico di nostalgia quegli antichi giocattoli preindustriali “coi quali giocavo nella mia infanzia, legando al filo che li teneva sospesi in aria i miei sogni” – è andato in scena domenica scorsa a Roma, città nella quale vive dagli anni ’70 nonostante le sue origini toscane.
“Il teatro costa troppo, aspetto ancora di essere pagato da due anni – prosegue l’artista – .Ho messo gli avvocati di mezzo, ma si sa, quando arriveranno i soldi, li prenderanno loro “. Indietro con il pagamento ci sono “Tanti teatri. I giri che ho fatto nel meridione, per esempio, e anche dall’Eliseo di Roma aspetto, ma ha chiuso. Così non ce la faccio più a metter su una compagnia”. Alla possibilità di recitare da solo, spiega laconicamente: “Ma non ho più fiato. Ho 86 anni. Qui c’è solo da morire, ma non ho paura della morte”. E, rimanendo sarcastico fino all’ultimo, conclude: “Quando arriva lei, non ci sono più io, dicevano i greci”.