L’imperatore giapponese Hiroito rimane una delle figure più enigmatiche della Seconda Guerra mondiale. Non stupiscono, quindi, le nuove scoperte riguardanti l’attacco di Pearl Harbour, che rappresentò una svolta negli esiti del conflitto perché, come dissero ai tempi i militari nipponici, ebbe l’effetto di svegliare il “gigante addormentato”, quegli Stati Uniti il cui intervento risultò decisivo per la vittoria degli Alleati sull’Asse.
Dai documenti d’archivio diffusi in questi giorni dalla casa imperiale del Sol Levante emergerebbero i dubbi espressi dal sovrano nei confronti del bombardamento della flotta americana ormeggiata nel grande porto delle Hawaii. Hiroito, in sostanza, pare temesse “una guerra temeraria”. Le carte, dunque, continuano a dipingere questo personaggio come una figura complessa, nazionalista convinto da un lato, moderato e in perenne conflitto con i suoi generali dall’altro.
Gli storici, del resto, si sono sempre divisi su Hiroito. C’è chi lo considera solo una marionetta nelle mani delle gerarchie dell’esercito e chi, invece, lo vede come una personalità autorevole e ascoltata, che ebbe un’influenza sulle decisioni adottate dallo stato maggiore. Di sicuro l’imperatore non seguì il destino di Tojo e di molte personalità del suo regno, condannate nel processo di Tokyo (1946-1948). Hiroito, viceversa, con il sostegno degli Usa, continuò a governare il Giappone sino alla sua morte, avvenuta nel 1989.