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“L’Illusion parfaite”, la mostra parigina dove Ruffo racconta l’epopea dei migranti

Il lungo viaggio dei migranti raccontato con le opere di Pietro Ruffo in una mostra a Parigi. Nei giorni in cui la Francia viene chiamata a votare per il ballottaggio tra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, i due candidati all’Eliseo schierati su due opposte visioni di società, accoglienza e frontiere, l’artista romano riunisce una sequenza di opere legata al tema delle migrazioni. “Il mondo – spiega Pietro Ruffo – è un teatro in cui i fenomeni migratori sono una sfida per la nostra società. Gli stravolgimenti climatici, le tensioni politiche o la ricerca di condizioni migliori altrettanti fattori che illustrano in realtà un mondo interconnesso che trionfa sui confini geografici e culturali”.

La mostra

Intitolata “L’Illusion parfaite”, la mostra allestita nei nuovi spazi della Galerie Italienne, a due passi dal Louvre e dalla futura Fondazione Pinault, giunge a un anno dalla prima grande retrospettiva di Pietro Ruffo alla Fondazione Puglisi-Cosentino di Catania, sul concetto universale di libertà (o dei principi liberali), e in contemporanea con l’allestimento per la rassegna ‘Jungle’ alla Reggia di Venaria. “Migrations” presenta gli ultimi lavori di una delle firme più forti e convincenti del panorama artistico italiano ed europeo, noto, tra l’altro, per le sue grandi mappe delle nazioni o le schiere di libellule intagliate a mano e fermate con migliaia di spilli.

Le opere

Evocativa delle ceramiche cinesi o degli azulejos bianco-blu portoghesi, la serie presentata a Parigi illustra antichi popoli in cammino attraverso mappamondi e planisferi, figure erranti tra un continente e l’altro, esposti ai rischi del viaggio e al timore che qualcuno sbarrerà loro la strada. Ogni pezzo ha una propria forma tratta da tecniche esistenti per la proiezione cartografica del globo terrestre. Necessaria un’intera parete per “Italia a Pezzi” del 2017, opera di 250 x 325 m, in omaggio ai drammi e alle illusioni di chi abbandona la sponda sud del Mediterraneo per raggiungere il nord-Europa, come già raccontò Pietro Germi, in uno dei suoi film più importanti, il “Cammino della speranza”, risalente al 1950.

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